ROMA - Con un paio di giorni di anticipo rispetto a quanto emerso la scorsa settimana, ma con un ritardo di poco meno di un mese rispetto a quanto stabilito dai regolamenti, la manovra di Bilancio è approdata martedì in Senato, avviata su un percorso parlamentare che in molti temono possa trasformarsi in un vero e proprio “Vietnam” per il governo Draghi.
 
Sono infatti molti e diffusi i malumori nelle forze di maggioranza sulla legge di Bilancio e non solo per le misure in essa contenute, ma anche per il percorso che ha portato alla sua definizione, con una riscrittura avvenuta nelle stanze del ministero dell’Economia senza nemmeno un ulteriore passaggio in Consiglio dei ministri, che l’ha approvata solo nella sua versione originale. Il rischio dunque concreto, nonostante i tempi restrittissimi e il poco spazio di manovra riservato alle Camere, è che il bilancio diventi terreno per una resa dei conti non solo tra i partiti, ma anche all’interno di essi.
 
Da qui nasce l’appello lanciato a tutti gli altri leader a inizio settimana dal segretario dem Enrico Letta, che si è detto molto preoccupato per uno “sfilacciamento” pericoloso nel governo. Parlando su La Stampa, Letta ha quindi invitato a “un’assunzione di responsabilità delle forze politiche a sostegno di Draghi” e ha chiesto “un patto tra i partiti che sostengono questo governo”, proponendo “un incontro di tutti i leader della maggioranza con il Premier perché questo accordo sia formalizzato: Blindiamo la manovra e gli aggiustamenti necessari che concorderemo insieme in Parlamento”, è l’appello del segretario dem, perché  “immaginare che sulla prima manovra di questo governo ci possa essere un Vietnam parlamentare non è accettabile”. 
 
Un’idea che è stata subito accolta con favore da tutte le forze di maggioranza, a partire dal coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani, il quale ha assicurato che sia lui sia Berlusconi sono d’accordo, fino al capo della Lega Matteo Salvini, che ha dato la sua “piena disponibilità a collaborare”. E apertura c’è stata anche dal leader ombra del M5s Luigi Di Maio, secondo il quale “se si dà al Parlamento il segnale sbagliato” si rischia “di compromettere il lavoro sulla manovra: Draghi ha tutto il nostro sostegno”, ha ribadito quindi il ministro degli Esteri. 
 
Ma nell’idea di Letta il patto sul Bilancio sarebbe poi propedeutico anche a risolvere la questione che sta infiammando davvero il dibattito politico di queste settimane, ossia l’elezione del presidente della Repubblica. Dopo il no di Mattarella ad un bis il Pd non sa infatti che pesci prendere e rischia di essere messo fuori gioco nella partita del Quirinale da un asse tra Renzi e il centrodestra. Cosa che Letta sembra temere concretamente. 
 
L’unico modo per evitarlo sarebbe dunque fare dell’approvazione della manovra una piattaforma di dialogo che porti alla candidatura condivisa di Mario Draghi, che nonostante non si possa dire, di mire sul Colle ce ne ha eccome. Così però si aprirebbe la strada alle elezioni anticipate e quelle davvero non le vuole proprio nessuno. Il rebus resta dunque di difficile soluzione.