Se ne conosceva solo il titolo, ‘Ritratto di un giovane’, e che era stato realizzato da un artista rinascimentale del Nord Italia. Nel 2008, dopo lunghe ricerche, il restauratore della NGV, Carl Villis, lo ha attribuito a Dosso e Battista Dossi, pittori alla corte estense di Ferrara. I due fratelli, attivi agli inizi del Cinquecento, lavorarono spesso assieme anche se fu il nome di Dosso (al secolo Giovanni di Luteri) a diventare particolarmente ricercato tra Mantova, Ferrara e Trento, dove si occupò del ciclo d’affreschi del Castello del Buonconsiglio. 

Artista originale e fantasioso Dosso Dossi seppe combinare il cromatismo di Tiziano e Giorgione con la composizione di Raffaello e la resa dei corpi di Michelangelo, tutti pittori con i quali ebbe scambi nel corso dei suoi viaggi e alla corte ferrarese, centro culturale raffinato e vivace. I duchi d’Este erano infatti mecenati illuminati attorno ai quali gravitavano le menti più brillanti del tempo. Lasciando spazio all’improvvisazione Dossi riusciva a trasferire sulla tela o sugli affreschi lo spirito e i valori dei committenti riproducendo miti, allegorie e storie, non ultime quelle dell’amico Ariosto che lo citò nel suo Orlando furioso. 

Altri quadri oggi attribuiti al pittore hanno richiesto meticolose indagini, dovute al fatto che nelle botteghe del ‘500 erano molti gli apprendisti che mettevano mano alle opere e senza contare le libertà d’interpretazione che si prendeva Dossi nel rappresentare i soggetti. 

Anche il ritratto della NGV presenta delle ambivalenze: i capelli corti e il pugnale hanno fatto pensare per anni a una figura maschile. Per Villis, il coltello è invece un riferimento all’eroina latina Lucrezia e il mirto sullo sfondo ne conferma la femminilità, essendo un simbolo di Venere. Di bellezza e virtù, fa poi riferimento il cartiglio latino, contenente una citazione dall’Eneide di Virgilio. Da qui il collegamento a Lucrezia Borgia, figlia illegittima di papa Alessandro VI e moglie del duca Alfonso d’Este. Una figura che da secoli fa parlare di sé, bistrattata per gli scandali legati alla sua famiglia ma con qualche eccezione, come nel romanzo del premio Nobel per la letteratura Dario Fo, che tenta di renderle giustizia. 

Nel 2016, un articolo in un quotidiano italiano ha messo in dubbio non solo l’attribuzione a Dosso Dossi ma anche che il dipinto possa essere uno dei rari ritratti della Borgia. Una critica che in qualche modo rafforza il mistero attorno all’opera.