MONTEVIDEO - Il ‘Parque Rodò’ è senza dubbio uno dei luoghi più famosi di Montevideo. Un piccolo ma rigoglioso spazio verde nel pieno centro cittadino, con palme, laghetti, uccelli di ogni tipo, statue e mostre fotografiche tutto l’anno, affacciato sull’iconica ‘Rambla’ dove ogni giorno centinaia di uruguaiani si siedono a osservare i maestosi tramonti sul Rio de la Plata, bevendo qualche mate. Un parco circondato da università, bar e ristoranti, che fanno di questa zona una delle più interessanti e vivaci della città.
È qui che Nicola Refosco, classe 1993, ha aperto nel 2017 ‘Il Trancio d’Italia’. Dall’ingresso durante le ore di attività esce costantemente profumo di pizza infornata, di lasagne o di pesto, odori non così comuni da sentire in Uruguay. Sulla porta si trova una scritta chiara e inequivocabile: “Pizza & Pasta”.
Come molti della sua generazione, Nicola lascia Vicenza scoraggiato, non vedendo un futuro chiaro in Italia. “Lavoravo nell’impresa di grafica digitale di mio padre, e nei weekend facevo il pizzaiolo in un ristorante. Ogni settimana mi sembrava uguale all’altra e non vedevo grandi prospettive di cambio”, racconta.
Purtroppo, sono sentimenti fin troppo comuni tra molti giovani italiani. Tuttavia, mentre la maggior parte di chi sceglie di andare a cercare fortuna altrove lo fa in altri paesi europei, negli Stati Uniti o in Australia, Refosco sceglie di puntare tutto sul Sud America, più precisamente sul piccolo e tranquillo Uruguay. “Sono sempre stato affascinato dal Sud America, anche in modo molto stereotipato. Quando sei in Europa vengono in mente le immagini del carnevale di Rio e i ragazzini felici giocando a calcio per strada, la musica, la natura selvaggia, e ho sempre avuto il sogno nel cassetto di venire qui, non so bene perché...”, racconta Refosco.
La scelta ricade sul ‘paisito’ in modo fortuito, grazie a un amico vicentino di origine uruguaiana che ha permesso a Nicola di poter venire a conoscere un po’ la realtà locale prima di iniziare la sua impresa. “Verso Natale 2016 il cugino di questo mio amico, anche lui residente in Italia, era tornato a Montevideo in vacanza per due mesi, ed essendo il periodo natalizio, non lavoravo e avevo da parte dei soldi, decisi di mettermi in contatto con lui e venire a scoprire il luogo e prendermi anche una meritata vacanza. Sono rimasto subito affascinato, e prima ancora di ritornare in Italia avevo già deciso che sarei venuto qui ad aprire una pizzeria o un ristorante.”
Amore a prima vista insomma.
Una volta tornato a Vicenza, non ha perso tempo. “Ho continuato a lavorare risparmiando tutto quello che potevo e facendo una lista di cosa mi sarebbe servito per mettere in piedi il progetto”, racconta Nicola, spiegando che non avesse in mente solo i materiali tecnici di produzione come forno, pala o macchine impastatrici, ma anche le conoscenze necessarie per poter fare tutto da solo. “Anche se lavoravo in pizzeria ho comunque fatto un corso specifico di pizzaiolo, perché un conto è lavorare dentro alla catena di montaggio del ristorante, un conto è dover essere autosufficiente come sapevo avrei dovuto fare in un primo momento”, spiega.
Dopo due anni, tutto è pronto. Il 26 dicembre 2016 parte alla volta di Montevideo, con un container già in viaggio da un mese su una nave cargo con tutto il materiale necessario, dal forno alle pale per la pizza, dalla macchina impastatrice a un grande bancone da lavoro di marmo sorretto da un frigorifero. “12.000 euro di materiali, che quasi raddoppiano con costi di spedizione e dogana”, sottolinea. “Ma questi materiali, in Italia, sono un po’ più economici e di qualità molto superiore. Qui avrei finito per pagare la stessa cifra o poco meno in cambio di una qualità decisamente inferiore”, spiega Refosco seduto proprio a lato del bancone da lavoro spedito ormai sette anni fa.
Una volta arrivato a Montevideo inizia la ricerca del posto giusto dove stabilirsi per far iniziare il progetto, e una volta organizzato l’incontro con i proprietari della prima casa individuata, una coincidenza che lo convince che sia il posto indicato. “Sono arrivato e la vecchia proprietaria, una signora ultraottantenne, mi ha iniziato a parlare in dialetto veneto! Anche lei era di Vicenza, ma viveva qui da moltissimo, e proprio dove io ho iniziato con la pizzeria suo marito ha iniziato riparando biciclette, e ora è proprietario di un’impresa con 200 dipendenti che si occupa di ciclistica”, racconta indicando la cucina che dà sulla strada.
La pizzeria apre i battenti il 17 luglio 2017, con solo consegna d’asporto. Un piccolo ingresso sulla strada, un bancone per ordinare, e dietro sempre ‘el Nico’ a sfornare pizze, ogni sera, vivendo al piano di sopra. Ma già in breve iniziano a comparire i primi tavolini sul marciapiede e la pasta fatta in casa sul menu, inizialmente preparata da Lorenzo, coinquilino di Nicola che già da anni viveva in Uruguay lavorando nell’ambito gastronomico.
“Poi Lorenzo è tornato in Italia, e ho assunto un dipendente, poi un altro, e un altro ancora, e ora sono in 4 a lavorare con me”, spiega indicando i suoi collaboratori occupati ad aprire il ristorante. Refosco ci spiega che in breve lo spazio al piano terra iniziava a stargli stretto e ad essere scomodo vivere dove si lavora. “Mi sono trasferito con la mia compagna e ho trasformato lo spazio dove prima vivevo in saloni per mangiare.” Poi è arrivato anche Matteo, il figlio, e Nicola incomincia a lavorare qualche giorno in meno, mentre il ristorante non smette di crescere. “Fin dal primo momento che ho visto questa casa la mia idea era fare questo. Aprire solo da asporto, allargare la cucina, mettere tavolini in strada, tavoli al piano di sopra, e il prossimo passo è sistemare bene la terrazza e aprire anche lì durante l’estate. Poi stiamo preparando un altro locale in ‘Ciudad Vieja’, vicino al porto, che spero riesca ad aprire già quest’anno”, aggiunge.
Comunque, tutto questo è sempre stato finalizzato anche ad un altro scopo, come spiega Refosco. “Il mio obbiettivo è sempre stato questo: prima dei 30 anni avere una attività avviata che mi permetta di non dover lavorare tutti i giorni, comprare casa, mettere su famiglia, avere tempo per me e vivere bene, in tranquillità. Che è un po’ quello che in Uruguay ti insegnano no? Non diventerò milionario ma vivo bene, ho i miei tempi, un gruppo di lavoro di cui mi fido, vado al parco coi cani, mio figlio e la mia compagna e non ho bisogno di molto altro”, conclude, prima di aprire la cassa per il turno e congedarsi.