È la voce di un cardiologo di origini italiane con 36 anni di esperienza quella che guida la nuova campagna nazionale di sensibilizzazione sul fuoco di Sant’Antonio, un tema spesso sottovalutato ma carico di implicazioni mediche serie. Il professore Andrew Sindone, figura di riferimento nella cardiologia australiana, volto noto nella comunità italiana Down under, racconta un percorso professionale segnato dall’attenzione costante ai pazienti affetti da malattie cardiovascolari, con uno sguardo che va oltre la cura e punta dritto alla prevenzione. Da decenni si occupa in particolare di scompenso cardiaco, coordinando un programma di ricerca al Concord Hospital e dirigendo la clinica dedicata. È anche responsabile della riabilitazione del cuore e guida il reparto di cardiologia del Great Hospital.
Il suo ruolo si estende alla consulenza per il governo e alla co-autorità delle linee guida australiane, asiatiche e internazionali sullo scompenso cardiaco, oltre a una lunga attività di formazione rivolta a medici di base, specialisti e studenti.
È proprio questa esperienza a spiegare perché abbia scelto di prestare la sua voce a una campagna che mira a far comprendere la gravità del fuoco di Sant’Antonio e dei suoi effetti. “Il fuoco di Sant’Antonio è una malattia terribile”, esordisce Sindone. La malattia, spiega, provoca dolore intenso, eruzioni cutanee e vescicole estremamente fastidiose, ma soprattutto può sfociare nella nevralgia post erpetica, un dolore persistente che può durare mesi o addirittura anni e che è notoriamente difficile da trattare. “Molti non sanno che dopo un episodio di fuoco di Sant’Antonio aumenta anche il rischio di eventi cardiovascolari, soprattutto nella prima settimana, ma probabilmente anche nel primo mese: infarto, ictus o ricovero per peggioramento di condizioni preesistenti, in particolare lo scompenso cardiaco. Ed è un rischio che potremmo evitare”, ammonisce il professore. Esiste infatti un vaccino in grado di prevenire tutto questo. Oltre alle conseguenze dermatologiche, l’aspetto più preoccupante è l’infiammazione sistemica marcata che può favorire il peggioramento di condizioni preesistenti.
A rendere il quadro ancora più allarmante è la scarsa consapevolezza diffusa nella popolazione. “Tutto parte dalla varicella contratta da bambini di cui è responsabile lo stesso virus varicella-zoster, che può riattivarsi negli anni”, osserva Sindone. Secondo il professore, il fuoco di Sant’Antonio è molto più frequente di quanto si immagini e può riattivarsi in età adulta con un rischio stimato nell’arco della vita di uno su tre.
Il nome italiano, “fuoco di Sant’Antonio”, richiama infatti la sensazione di bruciore intenso dovuta alla nevralgia. Gli antivirali possono essere utili, come ci consiglia il cardiologo, ma solo se assunti entro tre giorni dalla comparsa delle prime manifestazioni: arrossamenti localizzati, prurito, poi un eritema su un solo lato del corpo. Riconoscere tempestivamente questi segnali è dunque fondamentale.
Il rischio aumenta con l’età, ma anche in presenza di condizioni che indeboliscono il sistema immunitario: terapie immunosoppressive, tumori, patologie del sangue, diabete e, naturalmente, malattie cardiovascolari. “Chi ha già affrontato infarti, angioplastiche, bypass o soffre di angina e scompenso cardiaco rientra tra le categorie più esposte”, asserisce Sindone.
Il suo messaggio alla comunità italo-australiana è chiaro: il fuoco di Sant’Antonio è una malattia comune, dolorosa e potenzialmente pericolosa, ma prevenibile. Chi ha più di 55 anni – e ancor più chi supera i 60 – dovrebbe parlarne con il proprio medico, soprattutto se convive con altre patologie o terapie che abbassano le difese immunitarie. Informarsi, valutare i rischi e prendere decisioni consapevoli può evitare complicazioni gravi. “La campagna – conclude il dottore – punta proprio a questo: aumentare la consapevolezza e , soprattutto, prevenire le conseguenze più serie”.