PERTH - Come da tradizione, la Settimana della lingua italiana nel mondo si è conclusa in Australia con la Conferenza nazionale degli insegnanti di italiano, arrivata quest’anno alla sua settima edizione e organizzata da Angelo Gioè, direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Melbourne, Eva Bambagiotti, direttrice dell’Ufficio Educativo e Culturale presso l’Ambasciata d’Italia a Canberra e John Kinder, professore emerito alla University del Western Australia.

A Perth dal vivo e per gli altri via Zoom, la giornata è stata caratterizzata dalla presenza femminile delle relatrici, che hanno riempito di contenuti ed esperienze la conferenza.

Angelo Gioè ha dato il benvenuto ai presenti, riprendendo il tema della Settimana della lingua italiana nel mondo - incentrata sui giovani -, ricordando come la lingua sia soggetta a mutazioni e cambiamenti, riconducibili soprattutto alla differenziazione del linguaggio giovanile da quello degli adulti: “Tanto che espressioni tipiche del linguaggio giovanile vengono adoperate anche dagli adulti, oltre 4mila sono i lemmi entrati nell’italiano neo-standard. Sarà quindi molto interessante, oggi, capire come queste innovazioni che i giovani apportano alla nostra lingua, influenzino l’insegnamento dell’italiano in un contesto dove l’italiano non è lingua d’uso, ma lingua straniera”, sottolinea Gioè. 

Paolo Crudele, Ambasciatore d’Italia in Australia, ha poi preso la parola per sottolineare come in Australia lo studio dell’italiano trovi un terreno particolarmente favorevole, grazie alla presenza di oltre un milione di persone di origine italiana, secondo l’ultimo censimento. 

“È vero però che non sono le comunità di italo-australiani ad avvicinarsi alla nostra lingua, che viene studiata anche da studenti con un diverso retroterra familiare, attratti dalla nostra storia e dalla nostra cultura - sottolinea l’Ambasciatore -. La giornata di oggi è un’occasione per celebrare la lingua italiana e la sua ampia diffusione nel Paese, ma anche un’opportunità per riflettere ed individuare le criticità attraverso un’attenta lettura dei segnali che ci arrivano dal territorio”, continua Crudele, che fa anche riferimento alla diminuzione drastica di studenti che si registra quando si passa dalla scuola primaria a quella secondaria e ancor di più all’università.

È poi intervenuta la neodirettrice dell’Ufficio educazione e cultura dell’Ambasciata italiana a Canberra, Eva Bambagiotti esprimendo il suo entusiasmo per il tema della conferenza e della Settimana della lingua italiano nel mondo di questa edizione, poiché mette al centro i giovani e l’italiano come lingua giovane. 

“A un primo sguardo, questo si potrebbe vedere come un accostamento audace: la lingua di Dante, la lingua che parla di umanesimo, di tradizione e classicità che diventa una lingua snella, veloce, spesso anche storpiata dai giovani - esordisce Bambagiotti -. Del resto, è sempre stato così per le lingue, perché le lingue non ci appartengono, semmai ci ospitano, come sostiene la linguista Casanova. Noi abitiamo le lingue, ci muoviamo in esse senza mai poterle possedere completamente. Le lingue sono dei potentissimi mezzi e ogni parola rispecchia la cultura e il tempo a cui appartengono”.

La lingua quindi, si evolve con il tempo e si distingue a seconda del contesto in cui è usata; esistono diversi registri linguistici e lo scopo degli interventi della conferenza è stato quello di approfondire la lingua italiana come sistema in evoluzione, di interesse soprattutto per gli insegnanti di italiano all’estero.

Durante il primo intervento, Luisa Amenta dell’Università di Palermo, ha presentato il modello di educazione linguistica elaborato dalla Scuola di Lingua Italiana della sua università, nata nel 2007. 

Amenta ha raccontato in particolare, l’esperienza con i giovani migranti arrivati in Italia e che studiano italiano presso la scuola, analizzando l’approccio utilizzato, per offrire ai colleghi australiani degli spunti di riflessione sui metodi e strumenti utilizzabili quando si insegna l’italiano agli stranieri.

Giuliana Fiorentino dell’Università degli Studi del Molise ha risposto alla domanda ‘Quanto giovane è la lingua italiana?’, per capire quanto spazio abbia il linguaggio giovanile.

La professoressa ha sottolineato come i giovani abbiano difficoltà a gestire la varietà della lingua più formale: “I giovani, anche grazie all’acceleratore rappresentato dai media digitali, hanno l’abitudine ormai anche nella scrittura oltre che nell’oralità, ad approcciare le varietà informali della lingua, piuttosto che quella formale. Questo crea però problemi nel momento in cui si trovano ad operare con un contesto scolastico o lavorativo”. 

Il lato positivo di questa tendenza, come sottolinea Fiorentino, è che da essa scaturisce una creatività che porta all’elaborazione di forme comunicative, quali i cosiddetti ‘meme’, ma anche fumetti, narrativa giovanile e musica, soprattutto rap.

Durante la giornata, la professoressa Antonia Rubino della University of Sydney ha approfondito le esperienze di apprendimento della lingua italiana emerse da un progetto condotto con un gruppo di studenti italo-australiani di terza generazione, suggerendo attività e modalità da utilizzare in classe.

Angela Scarino, della University of South Australia, ha concluso gli interventi della mattinata soffermandosi sulla percezione dei giovani rispetto alla lingua e cultura italiana, in Australia.

Nel pomeriggio, l’organizzazione ha previsto degli interventi differenziati tra le scuole primarie e quelle secondarie, per offrire spunti coerenti con le diverse necessità.

È stato, come sempre, un momento importante per la comunità degli insegnanti di lingua italiana, un’occasione di confronto e di condivisione e non ultimo, uno sguardo sul cammino da intraprendere in futuro.