MENDOZA - Il conflitto sulla mega-estrazione mineraria è tornato a intensificarsi a Mendoza dopo l’approvazione definitiva, da parte del Senato provinciale, del progetto PSJ Cobre Mendocino (rame di Mendoza), votato la settimana scorsa. 

L’iniziativa, precedentemente nota come “Progetto San Jorge”, prevede l’estrazione di rame tramite una megaminiera a cielo aperto, a circa 37 chilometri dalla località di Uspallata, nel cuore delle Ande.

Il progetto era rimasto sospeso per quasi 15 anni a causa delle forti resistenze sociali. Era stato respinto dal Parlamento provinciale nel 2008 e aveva nuovamente affrontato mobilitazioni di massa nel 2011. Tuttavia, nel gennaio di quest’anno le imprese hanno presentato un nuovo Studio di impatto ambientale (Sia) e il partito di governo è riuscito a procedere con una Dichiarazione di impatto ambientale favorevole, ora trasformata in legge.

I componenti delle assemblee socio-ambientali avvertono che il nodo centrale del conflitto resta l’acqua. “Ci opponiamo al progetto perché mette a rischio l’acqua di Mendoza, l’acqua da cui nascono i nostri fiumi - afferma Guni Cañas, che fa parte dell’Assemblea per l’Acqua -. Il progetto si trova nelle sorgenti del fiume Mendoza, che rifornisce gran parte della popolazione mendocina”.

Uno dei punti più contestati riguarda l’uso dell’acqua del torrente El Tigre, un corso d’acqua di montagna dal flusso irregolare, che dipende dalle piogge. “Intendono prelevare acqua da un torrente che in molte stagioni è praticamente asciutto. L’acqua non sarà sufficiente per sviluppare il progetto”, afferma Cañas.

Secondo l’attivista, le misurazioni idriche presentate nel rapporto sono poco affidabili: “Le portate sono misurate male. Il misuratore si è rotto e non è mai stato possibile costruire una linea di base solida. C’è una grande incertezza sulla reale disponibilità di acqua”.

Le critiche riguardano anche il mancato aggiornamento dei dati. Il bilancio idrico dello studio ambientale utilizza informazioni del 2008 e del 2010, un fatto che per le assemblee è inammissibile nel contesto attuale. “A Mendoza stiamo attraversando una mega siccità storica, che secondo la comunità scientifica non si vedeva da almeno mille anni. Questo scenario non è contemplato nel rapporto”, avverte Cañas.

A ciò si aggiunge la mancanza di precisione sulle sostanze chimiche utilizzate per l’attività estrattiva. Sebbene il Sia affermi che non verranno impiegate sostanze come il cianuro o l’acido solforico - vietate dalla Legge 7722 - riconosce che saranno utilizzati “altri prodotti chimici” senza specificare quali. “Non hanno risposto ai rapporti tecnici che avvertono sugli elementi tossici che intendono utilizzare”, sottolinea la referente ambientalista.

La contestazione non è solo ambientale, ma anche sociale e politica. “Questo progetto non gode dell’accettazione sociale. Uspallata ha già detto no, Mendoza ha già detto no”, afferma Cañas. In questo senso, denuncia che l’avanzamento del progetto è avvenuto in un clima di criminalizzazione della protesta: “Alcuni compagni hanno subito la repressione della polizia, ora hanno cause penalti in corso e sono sorvegliati solo per aver manifestato in difesa dell’acqua”.

Oltre all’assenza di accettazione da parte degli abitanti della Provincia di Mendoza, un altro tema sensibile è quello dei diritti dei popoli originari. Secondo le assemblee, il progetto è avanzato senza rispettare il consenso libero e informato delle comunità huarpe, come stabilito dalla Convenzione 169 dell’Oil (Organizzazione internazionale del lavoro). “Le comunità originarie hanno espresso per iscritto il loro rifiuto del progetto e hanno detto chiaramente di non essere state consultate come indicato dalla Convenzione”, sottolinea l’attivista.

Durante l’iter legislativo sono state inoltre denunciate pressioni sulla comunità scientifica. “Ci sono stati rapporti molto duri dell’Università Nazionale di Cuyo che non hanno ricevuto risposta. E si è verificato un fatto gravissimo: un comunicato critico del Conicet Mendoza è stato pubblicato e poi ritirato, sostituito da un altro molto più tiepido. È stato un chiaro atto di censura”, conclude Cañas.