La loro amicizia è rimasta sospesa nel tempo, fiorendo in un’epoca di tortura e fame, e sopravvivendo a conflitti indicibili, distanze insormontabili. Attilio Pezzato e Frank Ashford hanno incrociato il proprio cammino sulle colline della Lessinia, nel piccolo paese di Vestenanova, in Veneto, e per tutta la vita hanno provato a ritrovarsi tra parole mancate e lettere ingiallite, e a rincorrersi lungo un eterno viale di ricordi.

Sono Francesca Rama, nipote di Attilio, e Peter Ashford, secondogenito di Frank, i custodi di una storia di affetto e riconoscenza che sembra non volersi arrendere alle circostanze della vita.

A poco meno di cinquanta chilometri da Verona, Attilio Pezzato e sua moglie Giustina Dal Zovo abitavano in una modesta casa, con una stalla, nella contrata ‘Pezzati’. Allo scoppio del Secondo conflitto mondiale, i coniugi erano sposati ormai da circa otto anni, genitori di tre bambine. Nel 1943, con il primo atto del governo Badoglio, l’Italia dichiarò guerra alla Germania; per la famiglia, arrivò in punta di piedi un fugace momento di gioia: era nata la loro quarta bimba.

Seguirono giorni di paura e povertà, e alla vigilia delle rappresaglie nazifasciste, alcuni partigiani giunsero in contrada con due soldati inglesi, Frank e Armand, in fuga dopo l’8 settembre 1943 dal campo di lavoro e prigionia nella cava di basalto di Montecchia di Crosara. Agli abitanti fu chiesto di proteggerli in qualche modo; altri soldati erano stati invece trasferiti in contrade vicine.

Furono Attilio e Giustina a prendersi cura di loro: lei consegnava abiti puliti e qualcosa da mangiare, con “quel poco che era disponibile”, oltre a dare loro la possibilità di lavarsi, lui, invece, gli portava giornali da leggere. L’amicizia tra Frank e Attilio cominciava a farsi sempre più forte.

“Frank sapeva parlare un po’ di italiano, era l’unico ad aver studiato nella sua famiglia. E Attilio era felice di aiutarlo – ha raccontato Bev Ashford, nuora del soldato inglese –. Erano davvero legatissimi, forse perché entrambi avevano quattro bambini e, in quel senso, avevano scoperto di avere molto in comune”.

I tedeschi, però, si trovavano già nella zona e, quando sembrava troppo pericoloso trovarsi vicino agli abitanti del paesino, Frank ed Armand si nascondevano in una cava scavata su un lato di una valle, in un aspro dirupo nel bosco, lontano dalla contrada. In quei momenti, per consegnare il cibo ai due soldati, Attilio provava a non lasciare impronte sul terreno utilizzando una cesta attaccata a un palo. Nei momenti di relativa ‘pace’, durante le gelide serate d’inverno, storie e ricordi di famiglia venivano condivisi all’interno della stalla riscaldata dagli animali. 

Nel mese di gennaio 1945, improvvisamente, Frank ed Armand lasciarono la contrada, senza salutare nessuno. Eppure, la sera prima, avevano trascorso qualche ora a chiacchierare allegramente con Attilio, Giustina, le loro figlie e altri amici della contrada; il giorno dopo erano scomparsi. Attilio si sentì profondamente ferito e, al contempo, immensamente preoccupato per la loro sorte.

Francesca Rama (sinistra) e sua zia Irma presso la cava scavata nel bosco per nascondere i due soldati inglesi

Alla fine della Seconda guerra mondiale, gli abitanti del paesino trascinavano con sé traumi ineffabili; feroci rappresaglie seguirono infatti nei giorni del 1944, che culminarono il 10 luglio. Un anziano era stato ucciso senza motivo dai tedeschi, mentre passeggiava in un sentiero, anche due fratelli di 15 e 16 anni erano stati colpiti a morte. Le truppe tedesche erano arrivate fino alla contrada Pezzati, avevano radunato gli uomini, li avevano chiusi in una casa e poi bruciati vivi. Nei giorni precedenti, fu ammazzato e bruciato anche il parroco di San Pietro Mussolino sul sagrato della chiesa, davanti agli occhi di sua madre. Fu morte e distruzione anche in moltissime altre contrade limitrofe.

Anche Attilio, proprio come Frank e Armand, era riuscito a scappare e a nascondersi; Giustina, invece, restò a casa con le figlie, costretta a sostare in piedi per lunghe ore nel cortile con una mitragliatrice pronta a far fuoco.

Nel 1949, Attilio e Giustina ricevettero una lettera: portava la firma di Frank. Nella missiva, scritta con quell’italiano appreso nei filò e leggendo i giornali che Attilio gli passava, Frank si disse “eternamente grato” per tutto quello che avevano fatto per loro. Raccontò di aver lasciato Vestenanova senza preavviso perché “spaventato dall’idea di poterli mettere in pericolo”.

Quando lasciarono la contrada, però, Frank ed Armand decisero di andare verso nord, mentre gli altri compagni si diressero a sud.

“Fummo davvero sfortunati perché se all’inizio eravamo tutti insieme, poi all’ultimo momento decidemmo di andare per vie separate, così essi arrivarono alla libertà e noi fummo presi come prigionieri di guerra in Germania per altri sei mesi”, scrisse nella sua lettera ad Attilio.

Frank rientrò in Inghilterra nel maggio 1945: era finalmente a casa con la sua famiglia e i suoi ragazzi John, Peter, Robert e Brian. Seguirono purtroppo anni molto duri, allietati solo dalle lettere tra i due amici. Poi, per cinque anni più nulla.

Attilio aveva intanto ricevuto l’immensa gioia della nascita delle ultime tre figlie, quando nel 1954 giunsero finalmente notizie dall’amico inglese. Si era trasferito a Melbourne, approfittando delle opportunità lavorative, e alla loro famiglia si era aggiunta anche la quinta figlia Jeanette. 

Nel 1973, Attilio lasciò purtroppo un grande vuoto nella sua famiglia, ma anche alla fine dei suoi giorni, il suo pensiero volò verso quel grande amico mai dimenticato: prima di morire, chiese a sua moglie di avvisare Frank della sua scomparsa. Una lettera partì da Vestenanova per Melbourne; Frank fu molto dispiaciuto, raccontando di aver trascorso anche lui un periodo di sofferenza alla perdita di uno dei suoi figli, scomparso all’età di 37 anni.

“Da piccola, ho trascorso molto tempo con mia nonna e mia zia Irma le quali mi hanno sempre raccontato di tutto ciò che avevano visto e sentito. La storia di Frank e Attilio riemergeva sempre tra le lettere, le cartoline di Natale e le foto scolorite”, ha raccontato Francesca Rama.

Dopo la scomparsa di sua nonna Giustina, all’età di 90 anni, e poi di sua madre, Rama ha deciso di rintracciare la famiglia Ashford e di non perdere quell’immensa eredità permeata di gratitudine e generosità. Grazie a un’amica australiana, conosciuta durante la sua permanenza a Londra, è riuscita a mettersi in contatto con Peter, il secondo figlio di Frank.

“Ero commossa, durante la nostra prima chiamata avevo gli occhi pieni di lacrime – ha raccontato Rama –. Anche Frank era scomparso giovane nel 1984, ma non ha mai dimenticato quel suo amico italiano e il periodo trascorso a Vestenanova”. 

Nel corso degli ultimi anni, i discendenti di quei due coraggiosi uomini sono sempre rimasti in contatto; finalmente, il prossimo aprile, Francesca e suo marito saranno a Melbourne per una visita speciale.

“‘Ricordare sempre, dimenticare mai’, questo ripeteva sempre Frank a mio nonno. Ed era anche il verso con cui concludeva le sue lettere – ha raccontato Rama –. Ed è per questo che anch’io voglio tramandare questa storia ai miei figli e a chi ci è vicino: ricordi di amicizia, amore fraterno e speranza per il futuro, nati durante un periodo oscuro in cui tutto sembrava perduto”.