“Dì qualcosa di liberale!” verrebbe da dire, parafrasando la celebre scena del film ‘Aprile’ di Nanni Moretti, dove il protagonista urla, rivolto alla televisione, implorando Massimo D’Alema, impegnato in un dibattito con Silvio Berlusconi, di pronunciare “qualcosa di sinistra”. Un’esortazione dettata dalla frustrazione e dalla speranza di un Moretti autobiografico, che, però, attualizzandola all’oggi, potrebbe adattarsi bene al clima della campagna elettorale, in cui Peter Dutton si trova a metà corsa con l’urgenza di offrire al suo elettorato qualcosa di riconoscibile, identitario, strutturale e concretizzabile.

Quasi nel voler raccogliere queste urgenze, a due settimane dalla data del voto, e con le urne del voto anticipato che si aprono domani, Dutton ha rilanciato una proposta che, in effetti, ha attirato l’attenzione del dibattito politico: la volontà di introdurre l’indicizzazione delle aliquote dell’imposta sul reddito.

Non una promessa formale, bensì un obiettivo a lungo termine, da perseguire – ha spiegato Dutton nel corso di una intervista concessa la scorsa settimana al quotidiano nazionale The Australian – solo una volta che i numeri del bilancio saranno stati riportati sotto controllo. 

L’idea è intervenire sul meccanismo noto come bracket creep, ovvero lo slittamento automatico dei contribuenti verso scaglioni fiscali più alti a causa dell’inflazione, anche quando il potere d’acquisto reale non cresce. Dutton è stato molto chiaro: “[Il bracket creep] ostacola la produttività, l’iniziativa imprenditoriale e l’impegno dei lavoratori, ma dobbiamo affrontarlo in un momento in cui il bilancio possa permetterselo. è qualcosa a cui aspira il nostro governo, perché garantisce equità nel sistema fiscale, anche se ha un costo significativo”.
Ma cosa significa, in termini concreti, indicizzare le aliquote fiscali? Si tratta di aggiornare automaticamente, anno dopo anno, le soglie di reddito su cui si applicano le diverse percentuali d’imposta, in base all’inflazione. Oggi, in assenza di indicizzazione, se un lavoratore riceve un aumento salariale nominale, rischia di finire in uno scaglione fiscale più alto e pagare più tasse, anche se il suo reddito reale – in termini di potere d’acquisto – non è aumentato. Con l’indicizzazione, invece, le soglie fiscali si alzerebbero insieme all’inflazione, mantenendo costante la pressione fiscale in termini reali e impedendo che il fisco incassi di più semplicemente perché i prezzi sono saliti. È un meccanismo che esiste in alcuni Paesi, ma che viene applicato raramente perché comporta un costo elevato per le casse pubbliche, sottraendo al governo una fonte di entrate “facile” e flessibile.

Aspirazione, volontà, ha sottolineato Dutton, quindi nulla di concretamente realizzabile in caso di vittoria alle urne il 3 maggio. Il leader dell’opposizione ha evocato come modello l’esperienza del governo guidato da John Howard, con Peter Costello nel ruolo di Tesoriere che, dopo aver vinto le elezioni del 1996, si concentrò prima sulla riduzione del deficit, per poi proporre una grande riforma fiscale in vista del voto del 1998.

Il tempismo dell’annuncio di Dutton è stato motivo di critiche e interrogativi. L’idea dell’intervento a favore dell’indicizzazione non era, infatti, stata precedentemente messa al centro della strategia elettorale, ed è apparsa, come detto,  piuttosto come una risposta alla crescente pressione del partito e dell’elettorato sulla mancanza di una visione fiscale chiara. 

Alcuni osservatori si sono chiesti perché un progetto di questa portata sia emerso solo a metà campagna, lasciando spazio all’interpretazione che possa trattarsi di un segnale politico, di una mossa puramente elettorale, pur non essendo stata strutturata come una promessa, più che di un impegno concreto.
Nel tentativo di rafforzare la propria immagine di sostenitore del mondo dell’impresa, Dutton ha anche lanciato un pacchetto di incentivi fiscali dedicato alle piccole attività e alle start-up.

Annunciato in un contesto mediaticamente favorevole come il Royal Easter Show di Sydney, il piano prevede una maggiore deducibilità fiscale per gli aggiornamenti tecnologici delle imprese esistenti e un credito d’imposta per le nuove attività imprenditoriali: fino al 75% di rimborso sul primo reddito tassabile per le nuove imprese, con una formula a scalare che diminuisce nel tempo. L’obiettivo dichiarato è quello di favorire la creazione di 350.000 nuove piccole imprese in quattro anni, puntando a una platea di attività economiche che l’opposizione descrive come soffocata dall’aumento dei costi e dal peso normativo e burocratico impostato dal governo laburista.

Mentre la campagna entrava nel vivo tra famiglie, bancarelle e animali da fattoria, entrambi i leader hanno trasformato il Royal Easter Show in palcoscenico elettorale. Dutton si è mosso tra i visitatori insieme alla moglie Kirilly, stringendo mani e accarezzando vitelli, cercando di recuperare consensi in un momento in cui i sondaggi mostrano un certo calo di supporto. Tra incoraggiamenti e battute, il leader dell’opposizione ha ribadito che molti elettori non hanno ancora deciso, lasciando intendere che la partita sarebbe ancora aperta. Il primo ministro Anthony Albanese, di contro, ha guadagnato l’attenzione del pubblico con toni più familiari, posando per le foto di rito insieme alla compagna Jodie Haydon e al ministro Jason Clare, e annunciando anche lui una misura concreta: l’intenzione di rendere permanenti le indennità per il lavoro nei giorni festivi, le cosiddette penalty rates, evocando la propria esperienza giovanile di lavoro in turni notturni mentre lavorava in una storica pancake house di Sydney.

Dutton ha bollato l’annuncio del primo ministro come un diversivo, accusando il governo di voler spostare l’attenzione dal caro vita ad altri temi. Ma se l’opposizione cerca di riprendere un po’ di trazione, anche tra i laburisti il tema fiscale è diventato un po’ spigoloso in questi ultimi giorni: in particolare per uno degli argomenti più spinosi, che già ha causato non pochi danni in casa laburista, ovvero il dibattito sulla possibile abolizione delle deduzioni per gli investimenti immobiliari, il cosiddetto negative gearing. Una dichiarazione del primo ministro Albanese ha alimentato i dubbi sull’effettiva posizione dell’esecutivo, dopo che dal Tesoro è stato confermato di aver fornito un’“idea” sull’impatto della misura, sebbene non fosse stata commissionata una modellizzazione formale. Il chiarimento ha generato polemiche, con la Coalizione che ha colto l’occasione per suggerire un’incoerenza nella posizione del governo.

Nell’economia delle campagne elettorali, le proposte fiscali assumono spesso un significato che va oltre i numeri. Sono segnali, simboli, indicatori di direzione. Dutton ha cercato di spostare l’asse del confronto politico proponendo un’idea che richiama un approccio riformista, pur dichiarando la necessità di attendere condizioni economiche più favorevoli per poterla realizzare. Un gesto che potrebbe servire a rafforzare la sua credibilità come leader capace di guardare oltre l’immediato, ma che resta vincolato alla percezione di quanto questo tipo di “aspirazioni” siano ritenute credibili dall’elettorato.

Nel frattempo, la campagna elettorale prosegue tra annunci, repliche e tentativi di ricentratura narrativa. Per Dutton, la sfida sarà riuscire a tradurre l’aspirazione in progetto, e il progetto in visione condivisa. Per ora, resta l’eco di quella domanda morettiana, che può valere in ogni latitudine: riuscirà il leader dell’opposizione a dire “qualcosa di liberale” che si trasformi anche in qualcosa di concreto?