BRUXELLES - La Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ottenuta l’approvazione dei commissari designati, dopo un tortuoso iter di audizioni, tornerà di nuovo al banco di prova del Parlamento europeo. Questa volta per il voto finale sulla Commissione, per entrare in carica il primo dicembre.
Sarà mercoledì 27 novembre nella plenaria a Strasburgo: la presentazione si terrà alle 9 e il voto è previsto a mezzogiorno. È a maggioranza semplice, a scrutinio palese. Non ci saranno franchi tiratori quindi ma eurodeputati che si assumeranno la responsabilità di dire “questa volta no”. E, date le premesse, non saranno pochi.
Già oggi nei corridoi del Parlamento a Bruxelles il confronto era tutto sui numeri. Tra chi è dentro e chi si sfila da un’alleanza che sembra tutt’altro che solida, a legislatura ancora ai blocchi di partenza. Nel voto per la sua approvazione a luglio (scrutinio segreto e requisito della maggioranza assoluta, quindi almeno 361 sì) von der Leyen ottenne 401 voti.
La somma della maggioranza che l’ha pubblicamente sostenuta farebbe un totale di 454: 188 dei Popolari (Ppe), 136 dei Socialisti (S&d), 77 dei Liberali (Renew) e 53 dei Verdi. I franchi tiratori sono stati una cinquantina (va scontato qualche voto favorevole tra le fila dell’Ecr). Di norma, i presidenti designati per la guida della Commissione europea guadagnano preferenze tra la prima e la seconda votazione.
Nel 2019, sempre von der Leyen ottenne 381 voti per la sua nomina (allora i componenti dell’Eurocamera erano 747, la Brexit non si era ancora compiuta e la maggioranza assoluta era di 374) e il via libera alla Commissione arrivò con 461 voti favorevoli, 157 contrari, 89 astensioni. I voti guadagnati furono un’ottantina.
Jean-Claude Juncker - nell’ormai lontano 2014 - tra le due votazioni ebbe solo un voto in più: dai 422 voti della fiducia ai 423 voti favorevoli (209 contrari e 67 astenuti) per il Collegio. L’aumento di consenso tra le due fasi ha sostanzialmente due motivazioni: ogni Governo indica un proprio commissario e quindi - tendenzialmente - tutti i partiti al Governo nei Ventisette votano a favore in sostegno del proprio commissario (quello che accadrà con Fratelli d’Italia e che accadde nel 2019 con il Pis polacco). L’altra motivazione - meno nobile, forse - è che il voto è palese e quindi gli eurodeputati sono chiamati a rendere conto delle eventuali defezioni.
Conti alla mano, è già difficile per la leader tedesca confermare i 401 voti ottenuti a luglio. I Verdi (53) - decisivi a luglio - hanno minacciato di ritirarsi, non è detto che lo facciano tutti ma sicuramente lo faranno in tanti. Decideranno lunedì dopo una riunione di gruppo.
All’interno dei socialisti ci sono diversi scontenti - perché Raffaele Fitto è vicepresidente, Oliver Varhelyi è commissario e perché non si fidano più di Manfred Weber che il leader degli alleati del Ppe.
Tra chi non vuole turarsi il naso per senso di responsabilità verso le sorti del Continente vi è al momento la delegazione socialista francese (13 eurodeputati). Ma non saranno gli unici: è facile prevedere tra i banchi di S&d una defezione di almeno una ventina di deputati (tra gli italiani già Marco Tarquinio ha annunciato che il suo sarà un no).
Così come tra le fila dei liberali mancherà all’appello qualcuno, per le stesse ragioni dei socialisti. I popolari spagnoli (22) fino all’altro giorno minacciavano che non avrebbero votato a favore di una squadra di cui facesse parte la socialista spagnola Teresa Ribera.
E così il sostegno a von der Leyen scenderebbe intorno a quota 350. Tuttavia, vengono certamente recuperati i voti della corposa delegazione di Fratelli d’Italia (24) e non è detto che avvenga anche per i dieci ungheresi di Fidesz. Le deleghe al commissario orbaniano, Oliver Varhelyi, hanno subito comunque una sforbiciata. Si occuperà di salute ma non di gestione delle pandemie e diritti riproduttivi.
I conservatori polacchi che a questo giro a Varsavia sono all’opposizione (agguerritissima contro il popolare Donald Tusk) difficilmente voterebbero per una commissione a maggioranza popolare. Gli altri conservatori (belgi, scandinavi e baltici) è probabile che siano stati tra i 401 di luglio.
Von der Leyen a luglio è stata molto orgogliosa dei 401 voti ottenuti. L’obiettivo dovrebbe essere mantenere quelli. Se non ce la dovesse fare sarebbe un cattivo segnale. Se non dovesse superare la soglia della maggioranza assoluta (i 361) sarebbe un grido di allarme.