MONTEVIDEO - Yamandú Orsi, candidato del Frente Amplio (FA), è stato eletto presidente dell’Uruguay al secondo turno elettorale con il 49,8% dei voti, superando il rivale del Partido Nacional (PN), Álvaro Delgado, che ha raccolto il 45,9%.  

I risultati definitivi della Corte Elettorale certificano una differenza di circa 95.000 voti tra i due candidati, in un’elezione caratterizzata da un tasso di partecipazione che ha sfiorato il 90% degli aventi diritto.  

Il vantaggio di Orsi era stato previsto nelle settimane precedenti, ma non con un margine così netto. Sulla sua vittoria pesava il fronte degli indecisi e il voto degli elettori degli altri candidati di destra, che – così si prevedeva – sarebbero confluiti a favore di Delgado.

Invece no. Rispetto al primo turno, Orsi ha incrementato il proprio consenso di ben 6 punti percentuali, mentre Delgado ha perso un punto e mezzo, non riuscendo a trattenere l’intero elettorato della coalizione di governo, i cui partiti avevano raggiunto complessivamente il 47,55% in ottobre.

Si contano inoltre 38.478 voti in bianco, 64.500 annullati e 35.761 da verificare, per possibili irregolarità amministrative (ma che in ogni caso non incideranno sul risultato finale).  

La vicepresidente sarà Carolina Cosse, ingegnera elettrica ed ex intendente di Montevideo, carica ha cui ha rinunciato l'8 giugno di quest'anno per partecipare alla campagna elettorale. 

Orsi ha simbolicamentre celebrato la vittoria nello stesso luogo dove è stata festeggiata l’elezione a presidente di Josè Mujica nel 2009. Di fronte all’hotel NH Columbia sulla rambla della Ciudad Vieja che, fin dalla pubblicazione dei primissimi risultati, si è riempita di bandiere blu, bianche e rosse (i colori del FA) e festeggiamenti, andati avanti per molte ore nonostante la pioggia battente.  

Nel suo discorso, Orsi ha promesso di essere un leader inclusivo, sottolineando la necessità di unire il Paese, dopo una campagna elettorale polarizzata.

“C’è un’altra parte del nostro popolo che oggi vive altri sentimenti. Anche loro ci dovranno aiutare a costruire un Paese sempre migliore, abbiamo bisogno anche di loro” ha dichiarato, ricordando che “da 40 anni, come mai era successo prima, ogni cinque anni andiamo alle urne per decidere il futuro del nostro Paese in libertà e democrazia”, specificando di riferirsi “anche a quelli che abbracciano altre idee, anche loro sono costruttori di democrazia”.  

Insomma, un discorso distensivo e dialogante, con il quale Orsi cerca di presentarsi come “il presidente che costruirà un Paese più integrato, dove nessuno rimarrà indietro dal punto di vista sociale economico e politico”, rimarcando che “l’Uruguay è uno solo, al di là delle differenze territoriali”.  

Dall’altro lato, Álvaro Delgado ha riconosciuto la vittoria dell’avversario durante un intervento tenuto nella sede del Partido Nacional, evitando di considerare la sconfitta come una disfatta. “Con tristezza, ma senza complessi di colpa, possiamo felicitarci con il vincitore. Nella vita politica si vincono e si perdono elezioni, ma perdere un’elezione non significa essere sconfitti. Noi non siamo sconfitti” ha dichiarato.   

La vittoria del Frente Amplio si è basata su una netta quanto prevedibile maggioranza nelle due regioni più popolose del Paese, Montevideo e Canelones, dove la coalizione ha registrato margini di vantaggio rispettivamente di 150.000 e 47.000 voti. In generale, la distribuzione del voto nei vari dipartimenti evidenzia un Paese diviso per zone geografiche, con le aree urbane maggiormente orientate a sinistra e quelle rurali e dell’interno più favorevoli ai partiti tradizionali. 

La composizione del nuovo governo sarà cruciale per determinare l’equilibrio tra le diverse anime del Frente Amplio, con il Movimiento de Participación Popular (MPP) che rappresenta la corrente dominante all’interno della coalizione.  

Il mandato inizierà ufficialmente il 1° marzo 2025, e si prospetta particolarmente impegnativo. Il presidente dovrà lavorare senza maggioranza assoluta alle Camere e dovrà quindi negoziare alleanze per approvare le principali riforme, cercando il sostegno di forze politiche minori o dei settori moderati della coalizione uscente.