TAIPEI - La presidenza taiwanese si è “congratulata” con Donald Trump per la sua vittoria, ma secondo diversi analisti Taipei potrebbe ora pagare molto più caro, in senso letterale e figurato, il sostegno degli Stati Uniti di fronte alla minaccia cinese.
Washington è da tempo l’alleato più importante e il maggiore fornitore di armi a Taiwan, che ne ha bisogno per difendersi da un possibile attacco cinese. Il presidente Lai Ching-te ha inviato le sue “sincere congratulazioni” a Donald Trump per la sua vittoria dicendosi convinto che i legami tra Taipei e Washington rimarranno una “pietra angolare” della stabilità regionale.
“La partnership di lunga data tra Taiwan e gli Stati Uniti, costruita su valori e interessi condivisi, porterà a una maggiore prosperità per tutti noi”, ha aggiunto. La politica dell’amministrazione Trump nei confronti di Taiwan è “altamente incerta”, secondo Amanda Hsiao del think tank International Crisis Group. “Da un lato, l’amministrazione Trump potrebbe condizionare il continuo sostegno americano a Taiwan al fatto che paghi di più per la sua difesa. Ma d’altra parte, Trump potrebbe decidere di elevare le relazioni a nuovi livelli in modo da aumentare significativamente le tensioni con la Cina” ha detto all'Afp.
La Cina considera Taiwan come parte del suo territorio e il presidente Xi Jinping, che ha definito “inevitabile l’unificazione” con la Cina, intensificando la pressione militare su Taipei, schierando regolarmente aerei da combattimento e navi da guerra intorno all’isola. Il direttore della CIA William Burns ha dichiarato l’anno scorso che Xi aveva ordinato ai suoi militari di essere pronti entro il 2027 all’invasione. Gli Stati Uniti hanno storicamente mantenuto una politica di “ambiguità strategica” riguardo al possibile intervento militare americano se Taiwan fosse attaccata dalla Cina.
Negli ultimi cinquant’anni, gli Stati Uniti hanno venduto a Taiwan attrezzature militari e munizioni per miliardi di dollari, compresi aerei da combattimento F-16 e navi da guerra. Sotto la spinta a spendere di più per la propria sicurezza, Taiwan ha stanziato la cifra record di 19 miliardi di dollari per la difesa nel 2024 e si prevede che il bilancio del prossimo anno raggiungerà un nuovo massimo. Il ministro della Difesa taiwanese Wellington Koo ha dichiarato due giorni fa che Taiwan è “determinata a rafforzare permanentemente le sue capacità di autodifesa”.
Se il sostegno a Taiwan è stato finora scontato sia per i democratici che per i repubblicani, soprattutto al Congresso, Donald Trump ha lasciati intendere durante la campagna elettorale che gli Stati Uniti non si sarebbero impegnati a difendere militarmente l’isola in caso di attacco cinese. Non solo: ha anche accusato Taipei di “depredare” l’industria dei semiconduttori degli Stati Uniti.
Se Donald Trump intraprendesse una guerra commerciale con la Cina, Taiwan potrebbe ritrovarsi bloccata nel mezzo, dice Liu Jia-wei, professore presso il dipartimento di pubblica amministrazione e politica dell’Università Nazionale di Taipei, “ed essere trattata come merce di scambio a favore di maggiori interessi americani”.
Sul piano diplomatico, il disprezzo di Donald Trump per il multilateralismo potrebbe isolare ulteriormente Taiwan sulla scena internazionale. Solo 12 paesi, compreso il Vaticano, riconoscono pienamente Taiwan, e la Cina non intrattiene relazioni diplomatiche con nessun paese che riconosca Taipei. Per Rorry Daniels, direttore generale dell’Asia Society Policy Institute, il panorama non cambierà perché è “improbabile che Trump difenderà la partecipazione di Taiwan alle istituzioni internazionali, perché generalmente non ne vede il valore”.