WASHINGTON - Gli Stati Uniti hanno sequestrato una grande petroliera al largo della costa del Venezuela. L’annuncio è stato dato dal presidente Usa Donald Trump in un contesto di crescente tensione tra Washington e Caracas, segnando un’escalation senza precedenti.
La petroliera, identificata come la Skipper secondo fonti statunitensi citate dalla Cnn, è stata sequestrata in acque internazionali. L’operazione, condotta dalla Guardia Costiera statunitense con il supporto di Fbi, Homeland Security Investigations e il Dipartimento della Guerra, rappresenta un evento eccezionale. Reuters e Axios riferiscono che il natante, carico di greggio, era diretto a Cuba.
“Abbiamo appena sequestrato una petroliera sulla costa del Venezuela, una grande petroliera, molto grande, in realtà la più grande mai sequestrata – ha dichiarato Trump ai giornalisti –. E stanno succedendo altre cose, vedrete più tardi”. Interrogato sul destino della nave, Trump ha replicato in modo netto: “Ce la teniamo, suppongo”.
La petroliera sequestrata ha una portata lorda di greggio di 320.000 tonnellate. Sebbene Washington abbia imposto sanzioni sul petrolio venezuelano per anni (il Venezuela possiede le più grandi riserve petrolifere accertate al mondo), non aveva mai sequestrato una nave di tali dimensioni in partenza dal Paese.
L’Attorney General, Pam Bondi, ha spiegato che la petroliera era da diversi anni sanzionata dagli Stati Uniti a causa del suo coinvolgimento in una rete di trasporto illecito di petrolio a supporto di organizzazioni terroristiche straniere. Bondi ha aggiunto che il sequestro “è stato condotto in modo sicuro e protetto” e che l’indagine “per impedire il trasporto di petrolio sanzionato continua”.
Il sequestro ha provocato l’immediata reazione del presidente venezuelano Nicolás Maduro, che ha “chiesto e preteso la fine dell’ingerenza illegale e brutale” degli Stati Uniti.
Maduro, parlando durante una manifestazione, ha fatto riferimento al significativo dispositivo militare dispiegato da Washington nei Caraibi da agosto. Il suo discorso è avvenuto lo stesso giorno della cerimonia di consegna del Premio Nobel per la Pace a Oslo, alla quale la vincitrice, la leader dell’opposizione venezuelana María Corina Machado, non ha potuto partecipare, perché arrivata troppo tardi nella capitale norvegese.
Il sequestro si inserisce in una campagna di pressione militare e psicologica che dura da mesi, caratterizzata dalle ripetute minacce pubbliche di Trump contro Maduro. L’amministrazione Usa sta intanto lavorando a piani riservati per il “day after” l’eventuale uscita di scena di Maduro. Questi piani sono elaborati dal Consiglio per la Sicurezza Interna della Casa Bianca, guidato da Stephen Miller, che lavora in stretto contatto con il Segretario di Stato e consigliere per la Sicurezza ad interim, Marco Rubio.
Secondo fonti anonime citate dalla Cnn, i piani comprendono diverse opzioni, dall’intervento per colmare il vuoto di potere in caso di uscita negoziata, fino all’allontanamento forzato di Maduro a seguito di raid mirati o altre azioni dirette.
Il dispiegamento di forze navali Usa, ufficialmente giustificato come parte della guerra ai narcotrafficanti (che Trump definisce narcoterroristi), è considerato dai funzionari come un chiaro segnale che Trump sta valutando l’opzione di costringere Maduro a lasciare il potere. Il tycoon, infatti, continua a ripetere di “non escludere nulla” sul Venezuela e che “Maduro ha i giorni contati”.
Tuttavia, le fonti rivelano che all’interno dell’amministrazione non vi sarebbe una posizione unitaria sull’uso della forza. Pur non essendoci un grande desiderio di aumentare l’impegno in Venezuela, i piani elaborati dal White House Council includono l’opzione di un “regime change” diretto, poiché il presidente “non farebbe le minacce che fa se non avesse un team pronto con una serie di opzioni per ogni possibile scenario”.