MELBOURNE – Quando martedì scorso, con 120 nuovi contagi in 24 ore, il Victoria ha toccato il numero più alto di casi positivi mai registrato nell’ultimo anno, era difficile immaginarsi che una settimana dopo quel numero sarebbe più che raddoppiato. E invece questa è la realtà come è stata fissata ieri dai risultati di oltre 49mila test effettuati, dai quali sono emersi ben 221 nuovi casi positivi. Ad aggravare la situazione c’è il fatto che tra questi ce ne sono più di cento per i quali non è possibile determinare la fonte di contagio, segnale che la trincea del tracciamento è ormai bella che saltata e, con essa, la speranza di ritornare presto a zero casi.
È la conferma che il cambio di strategia che punta a fermare la pandemia non più, o non solo, con i lockdown, ma con le vaccinazioni, era una strada pressoché obbligata. Una strada sulla quale negli ultimi giorni si sta procedendo piuttosto spediti, con le vaccinazioni nello Stato che sono passate dalle oltre 26mila di domenica a più di 36mila di martedì, per un totale di popolazione completamente vaccinata del 38,6% e con il 61,6% che ha ricevuto almeno una dose. Di questo passo l’obiettivo del 70%, fissato dal governo per poter cominciare a riaprire anche la città di Melbourne, sarà probabilmente raggiunto anche prima del 23 settembre.
Una corsa contro il tempo per la quale però serve non solo la volontà di tutti, ma anche un costante rifornimento di vaccini. Stando alle rassicurazioni del governo federale la cosa non dovrebbe essere un problema, ma lo è diventato in questi giorni dopo l’inchiesta della trasmissione 7.30 dell’ABC, che ha analizzato i dati della distribuzione di vaccini tra gli Stati, evidenziando come lo scorso mese il New South Wales abbia ricevuto ben il 45% del totale di vaccini Pfizer a disposizione del Commonwhealt. Uno sbilanciamento, rispetto al 32% che spetterebbe a Sydney, dovuto in parte alle dosi in più che Canberra ha acquistato dalla Polonia e che tutti i premier, anche quello del Victoria, hanno accettato fossero impiegati principalmente in New South Wales, lo Stato che sta affrontando la situazione più critica. Ma in parte, sempre stando all’inchiesta di 7.30, dovuto anche a centinaia di migliaia di dosi dirotatte verso Sydney ma che sarebbero spettate ad altri Stati. A farne le spese pare siano stati così il Victoria, che avrebbe perso fino a 343mila vaccini Pfizer tra giugno e settembre, il Queensland 100mila e Western Australia 114mila. Numeri che hanno mandato su tutte le furie il premier Daniel Andrews, il quale ha sottolineato come “alcune assegnazioni fossero note, ma altre non siano state annunciate e siano state fatte senza che nessuno lo sapesse”. Puntando quindi il dito contro Canberra, il premier del Victoria ha avvertito: “Queste forniture, che sono totalmente inique e fatte sottobanco devono cessare: il Victoria deve avere la sua giusta parte di vaccini”.
Una polemica bollata però come “ingiusta” dal ministro della Sanità, Greg Hunt, che fatto notare come il Victoria abbia invece ricevuto una percentuale pro-capite di dosi più alta del NSW.
Intanto, mentre la polemica va avanti e sia Melbourne che Sydney restano in lockdown, a sorridere è il Victoria Regionale, che dalla mezzanotte di oggi, per decisione delle autorità sanitarie, riotterrà una parvenza di libertà, con le attività che potranno tornare a riaprire, ma sempre con alcuni limiti e senza più restrizioni alla libertà di movimento. Saranno persino possibili gli incontri all’aperto, ma per un massimo di 10 persone.