VENEZIA - Finisce venduto all’asta, per una cifra di 18 milioni di euro, il “palazzo maledetto” di Ca’ Dario, storico edificio sul Canal Grande che ha legato la sua fama a proprietari che avrebbero fatto una tragica fine. L’acquirente viene tenuto segreto dall’agenzia, che è stata incaricata di occuparsi della vendita per conto di Christie’s International Real Estate, di cui è affiliata. L’edificio spicca per la sua facciata mosaicata sul canal Grande, tra la Fondazione Guggenheim e la Basilica della Salute, nel sestiere di Dorsoduro: 1.000 metri quadrati di superficie, otto camere da letto, otto bagni, un’altana, un giardino di 170 metri quadri e due porte d’acqua. Sconosciuto l’acquirente, ma ignoto anche il suo ultimo proprietario, che lo acquistò nel 2006, con il nome di una società americana. 

La triste fama che accompagna Ca’ Dario prese avvio con la morte di Marietta, figlia di Giovanni Dario, il quale aveva fatto costruire il palazzo nel 1487. Dopo la morte in un agguato, nel XVII secolo, di un loro erede, Giacomo, provveditore di Candia, i nuovi proprietari, i Barbaro, si liberarono del palazzo, che all’inizio dell’‘800 fu rilevato da Arbit Abdoll, un mercante di diamanti armeno, la cui attività però fallì.

Morì suicida il successivo proprietario, Rawdon Brown, e morì per malattia dopo avervi abitato il poeta Henri De Regnier. Suicida in Messico il convivente di un successivo proprietario americano, Charles Briggs, cacciato da Venezia con foglio di via per una storia di festini omosessuali. Nel 1970 fu trovato ucciso nel palazzo, ai piedi di un letto, il conte Filippo delle Lanze, che nel 1968 aveva comprato Ca’ Dario all’asta: presunto omicida il suo amante slavo, Raoul Blasich, mai rintracciato dalla giustizia. Fu poi la volta del manager musicale Christopher “Kit” Lambert, produttore degli Who, in seguito arrestato per detenzione di droga e soggetto a tracollo economico. 

Si dice che il bassista della band, John Entwistle, abbia subito l’influsso di Ca’ Dario morendo d’infarto poco tempo dopo avervi trascorso un breve soggiorno. Fallimento finanziario e morti in famiglia per Fabrizio Ferrari, imprenditore veneziano che ne fu il proprietario successivo. 

La dimora fu quindi acquistata da Gardini, che vi risiedeva in alcuni periodi dell’anno, attirato dalle attività legate al “Moro di Venezia”. Morì anche lui suicida, il 23 luglio 1993, a Milano. Al novembre di quell’anno risale anche un maxifurto di oltre 100 pezzi di argenteria e otto arazzi di epoca antica, poi recuperati l’anno successivo.