MILANO - Più o meno moderata che sia, la destra italiana è sempre più in preda a continui cambi di direzione nella linea politica. Da una parte c’è Matteo Salvini, che dopo aver provato negli scorsi mesi a svuotare lentamente Forza Italia, anche attraverso l’appoggio all’amico Giovanni Toti, da quando ha perso la scommessa del ritorno immediato alle urne ha fatto una doppia capriola carpiata e ha provato a riavvicinarsi a Silvio Berlusconi.
Nonostante il primo tentativo di un paio di settimane fa sia andato a vuoto, il capo della Lega non ha perso le speranze e si è rifatto sotto venerdì scorso, quando ha incontrato nuovamente il leader di Forza Italia a Milano. Un vertice che ha avuto l’obbiettivo di ricucire il vecchio centrodestra, quello che lo stesso Salvini aveva dato per morto in più occasioni dall’inizio del governo gialloverde e fino al mese scorso, quando giurava e spergiurava che la Lega sarebbe andata da sola alle elezioni. E invece Forza Italia torna a fare comodo, perché cresce sempre di più il timore che si saldi l’asse tra Pd e 5 Stelle anche sui territori. Un timore che evidentemente è condiviso dallo stesso Berlusconi, il quale a seguito dell’incontro con Salvini sembra anche lui aver innestato la retromarcia sulla linea imposta al partito solo dieci giorni fa, quando assicurava che Forza Italia avrebbe condotto una opposizione dura ma responsabile, non avrebbe fatto ricorso alle piazze, tanto da aver disertato quella organizzata da Giorgia Meloni nel giorno della fiducia al governo, e si sarebbe resa disponibile a dialogare con la maggioranza per la definizione di una legge elettorale proporzionale.
E invece, a quanto pare, non solo Forza Italia parteciperà alla manifestazione sovranista indetta dalla Lega per il 19 ottobre a Roma, ma è anche pronta a sostenere la battaglia per il ritorno al maggioritario sul quale Salvini intende incardinare i prossimi mesi di scontro politico.
In cambio, Berlusconi incassa la rassicurazione di Salvini a non favorire la fuoriuscita degli azzurri dal partito e se questo si tradurrà anche in un isolamento dell’iniziativa di Giovanni Toti si capirà presto. Quel che è certo è che già venerdì, in un comunicato, Berlusconi era durissimo contro “alcuni esponenti di Forza Italia” che hanno espresso “la volontà di costituire ipotetici gruppi autonomi in Parlamento per confluire in altrettanto ipotetiche formazioni politiche pseudo centriste. Chi lavora per sostenerlo - è la netta presa di posizione del leader azzurro - lavora anche contro FI e si pone fuori dal partito”.
La sopravvivenza di Forza Italia dunque ad ogni costo e il ritorno al vecchio centrodestra pur di mantenere il partito competitivo nel futuro assetto politico. Questi sono gli obbiettivi che riportano in auge anche dalle parti di Arcore l’alleanza a tre tra Berlusconi, Salvini e persino quella Meloni che fino a pochi giorni fa continuava a dire che di Forza Italia non c’era poi così bisogno. E invece, in un continuo stravolgimento di strategie e scenari, l’idea è quella di rilanciare non solo la coalizione ma persino rispolverare alcuni dei temi che dell’esperienza berlusconiana erano stati i cavalli di battaglia.
Subito dopo la ritrovata intesa infatti, mentre Berlusconi assicurava che lui e il leader della Lega sono in “piena sintonia”, Matteo Salvini si è presentato allo storico raduno di Pontida per lanciare la riscossa in vista soprattutto delle prossime elezioni regionali in Umbria ed Emilia Romagna, due tappe delicatissime per tastare il polso del Paese dopo gli stravolgimenti estivi.
E perché questa riscossa non si trasformi in una sconfitta bruciante bisogna riportare nei ranghi anche Forza Italia, che se lasciata fuori, come era inizialmente l’intenzione dei sovranisti, potrebbe appoggiare una legge elettorale proporzionale per tentare di sopravvivere. Al contrario diventa essenziale convergere tutti sul maggioritario, che favorisce le coalizioni e che costringerebbe Pd e 5 Stelle a fondersi per opporsi al centrodestra, riducendone così lo spazio di manovra. Pertanto dal pratone di Pontida Salvini chiede che le Regioni in mano alla Lega propongano immediatamente un referendum per abolire la quota proporzionale del rosatellum. “Facciamo l’esatto contrario di quello che stanno facendo a Roma - annuncia - legge maggioritaria come l’elezione dei sindaci e chi prende un voto in più governa per 5 anni e per 5 anni nessuno gli rompe le scatole”. Ma non solo, perché a mettere in apprensione Salvini è anche l’approssimarsi dell’elezione del Capo dello Stato e quindi, rilancia il capo del Carroccio, “fosse per me io eleggerei anche il presidente della Repubblica con il voto diretto dei cittadini”.