Un massacro che ha segnato profondamente la Tasmania e tutto il Paese, quello avvenuto 25 anni fa a Port Arthur.
Era il 28 aprile del 1996 quando il 29enne Martin Bryant ha compiuto uno dei più efferati e sanguinosi massacri a colpi di arma da fuoco all’interno dello storico sito turistico e in altre località di Port Arthur.
Trentacinque le persone che persero la vita e ventitre rimasero ferite in quella che diventerà purtroppo la più crudele delle tragedie della storia australiana.
Bryant, catturato il giorno dopo e condannato a 35 ergastoli, sta scontando una condanna a vita nella sezione di massima sicurezza della prigione di Risdon, in Tasmania.
Nel corso del memoriale che si è svolto oggi presso il Port Arthur Historic Site, Maria Stacey, responsabile dei servizi per i visitatori del sito e vice sindaco della municipalità di Tasman, ha parlato di un giorno necessario per riflettere su quanto accaduto: “Venticinque anni fa il male è arrivato in questo posto e non capiremo mai il perché”.
Il ricordo delle vittime e dei feriti, e le tante persone che da quel giorno hanno nella memoria cicatrici fisiche e mentali rendono “il dolore ancora palbabile”, ha detto Stacey.
Anche il primo ministro Scott Morrison ha reso onore alla memoria delle vittime della strage: “Ricordiamo e inviamo tutto il nostro affetto a coloro che portano ancora le cicatrici di quel terribile giorno”, ha detto in un comunicato il primo ministro.
“Rendiamo omaggio – si legge nel comunicato - alla forza, alla resilienza e al coraggio della comunità della Tasmania e a tutti coloro che non hanno mai potuto dimenticare, ma hanno comunque trovato un modo per provare a guarire”.
Il premier della Tasmania Peter Gutwein ha detto che coloro che hanno sopportato il tributo emotivo e fisico non verranno mai dimenticati.
Il massacro fu l’occasione decisiva per una significativa riforma dell’uso delle armi sotto l’allora primo ministro John Howard attraverso l’accordo nazionale sulle armi da fuoco del 1996.
La nuova legge vietò il possesso di armi da fuoco automatiche e semiautomatiche, fatto salvo alcune, ristrette, eccezioni.
Vennero inoltre rafforzati i requisiti per l’ottenimento della licenza, la registrazione e lo stoccaggio sicuro delle armi da fuoco e stabilì una procedura di riacquisto da parte del governo di armi da fuoco e fucili semiautomatici.
Vennero così distrutte più di 650.000 armi e, secondo alcune stime, venne praticamente dimezzato il numero di famiglie proprietarie di armi nel Paese.