Nonostante le leggi e le politiche messe in atto, le donne continuano a guadagnare significativamente meno degli uomini, una situazione che solleva domande fondamentali sulla nostra società e i valori che essa promuove.

Secondo i dati più recenti condivisi dalla Workplace Gender Equality Agency (un’agenzia statutaria del governo australiano responsabile della promozione e del miglioramento dell’uguaglianza di genere nei luoghi di lavoro), il divario retributivo di genere in Australia è del 21,7%. Questo significa che, in media, per ogni dollaro guadagnato da un uomo, le donne guadagnano 78 centesimi. Nel corso di un anno, questa differenza ammonta a 26.393 dollari per lo stesso lavoro. Questo dato è indicativo di un problema sistemico e non solo di una disparità occasionale. 

Questo è stato anche il tema al centro dell’evento della serie ‘Women in Leadership’, iniziativa della Camera di Commercio e Industria Italiana di Melbourne pensata per offrire alle donne la possibilità di entrare in contatto con altre donne, ascoltare le esperienze e le testimonianze di coloro che sono riuscite a fare la differenza e sostenere lo sviluppo personale e professionale di ciascuna, nel tentativo di avviare un cambiamento.

L’incontro si è svolto lo scorso mercoledì, 24 luglio, presso la Melbourne Business School di Carlton, è stato moderato da Katie O’Keeffe, cofondatrice di Structured Creative, un servizio di consulenza aziendale, e ha visto l’intervento di quattro relatrici, donne impegnate in diversi settori del mercato e che adesso occupano posizioni di rilievo all’interno della propria azienda. A condividere esperienze e pareri sul tema, insieme con O’Keeffe, sono state Blaire Race, responsabile vendite e marketing di IVECO Australia, multinazionale italiana produttrice di veicoli da trasporto; Caroline Carnegie, direttrice e segretaria del Melbourne Victory Football Club, nonché membro del Women’s Council della Football Federation Australia; Michelle Lynch, amministratore delegato del gruppo Ramsay Pharmacy and Psychology; ed Emma Saliba, direttrice generale del St Vincent’s Private Hospital. Donne che hanno lasciato un segno nella comunità e che si rendono promotrici di un messaggio importante, l’equità di genere, un diritto non sempre reclamato. Caroline  Carnegie, ad esempio, “è stata determinante nella promozione del calcio femminile e nella difesa dell’equità di genere all’interno dell’industria sportiva – così come ha riferito Katie O’Keeffe, nel suo discorso di apertura –. La sua leadership ha portato a progressi significativi nei programmi di sviluppo del club e nella sensibilizzazione della comunità”. Blaire Race, invece, è impegnata in un settore tradizionalmente dominato dagli uomini, ovvero quello automobilistico e dei veicoli pesanti. La sua visione strategica e le sue campagne di marketing innovative non solo hanno rafforzato la presenza dell’azienda in un mercato in crescita, ma hanno anche evidenziato l’importanza della diversità e dell’equità di genere nel guidare il successo aziendale. Michelle Lynch è alla guida di quella che, probabilmente, è tra le più grandi aziende sanitarie private in Australia, e il suo impegno per l’equità di genere è evidenziato dai suoi continui sforzi nel promuovere un ambiente di lavoro inclusivo, dove la leadership femminile viene sostenuta e valorizzata, e nell’incoraggiare pratiche per una retribuzione equa all’interno del settore sanitario. Emma Saliba, invece, vanta una solida esperienza nella gestione clinica e nell’amministrazione sanitaria ed è stata fondamentale per migliorare gli standard di cura dei pazienti e l’efficienza operativa del St Vincent’s Private Hospital. La sua dedizione all’equità di genere si riflette nelle sue iniziative a sostegno delle professioniste sanitarie e nella difesa di politiche che promuovano l’equilibrio tra vita privata e lavorativa e pari opportunità nel settore dei servizi sanitari.

“Quello infermieristico è un settore con una forza lavoro prevalentemente femminile. Ci è stato insegnato a essere ottime professioniste della salute e assistenti clinici, ma non necessariamente come difenderci a livello professionale, il che è interessante. Ma penso che le cose stiano cambiando. Penso che ora ci sia una maggiore apertura su questo argomento e una maggiore propensione al dialogo – ha commentato Lynch, parlando della sua esperienza professionale –. Il problema è quando si passa dalla prima linea all’organizzazione professionale. Nel corso della mia carriera, ho fatto parte di comitati del Consiglio di amministrazione dove c’era una grande presenza maschile. In quelle stanze, la mia voce non veniva ascoltata a causa del mio tono, mentre veniva dato credito a una voce maschile che sosteneva esattamente la stessa cosa”. 

Nel corso degli interventi, dunque, le relatrici hanno parlato delle principali difficoltà riscontrate sul lavoro e riflettuto su alcuni fattori scatenanti, come le interruzioni di carriera dovute a responsabilità familiari che colpiscono maggiormente le donne. Nonostante la crescente partecipazione maschile alle responsabilità domestiche, le donne continuano a sostenere la maggior parte del lavoro di cura non retribuito. Questo si traduce in interruzioni di carriera più frequenti e, di conseguenza, minori opportunità di avanzamento e guadagni ridotti nel lungo termine.

“C’è stato un momento nella mia vita che mi ha fatto capire quanto si possa essere vulnerabili a causa del divario retributivo di genere, ed è stato in quel momento che ho capito che avrei dovuto fare qualcosa, ottenere il controllo della mia vita. Ho studiato e lavorato duro, concludendo Master e certificazioni che mi hanno aiutata a raggiungere cime più alte all’interno dell’azienda. Ora, ho la fortuna di condividere la mia esperienza con le donne in questa stanza e, insieme alle mie colleghe, affrontare questo problema promuovendo anzitutto un approccio più consapevole sin dalla giovane età, nelle scuole, ad esempio, dove cerchiamo di valutare quali potrebbero essere alcuni cambiamenti fondamentali da attuare nella società”, ha commentato Blaire Race.  In collegamento da Leporano (Puglia), anche le sorelle Varvaglione che, da qualche anno a questa parte, hanno preso attivamente parte all’azienda di famiglia, la ‘Varvaglione 1921’, appunto, una delle più antiche e rinomate aziende vinicole del Sud Italia. Anche le due sorelle hanno condiviso le loro esperienze, raccontando ai presenti in sala come sono riuscite a farsi strada in un settore anch’esso principalmente dominato dalla presenza maschile. “Penso che per tutti noi sia molto importante concentrarsi sulle competenze. È ciò che ripeto sempre: in questo tipo di mondo non esiste più differenza in termini di genere, ma solo in termini di competenze. Ho cercato dunque di focalizzare la mia attenzione su ciò che mancava all’azienda in quel momento, e in realtà avevamo mancanze in termini di comunicazione, di immagine, di riconoscimento del marchio. Così mi sono concentrata sullo sviluppo del marchio e iniziato a strutturare insieme a mio fratello e mia sorella una strategia per un riposizionamento dell’azienda. Oggi, tutte le etichette che vedete sui vostri tavoli riescono davvero a raccontarci la storia della nostra terra, quella che ci meraviglia”, ha raccontato Marzia Varvaglione. 

Francesca Varvaglione, invece, ha raccontato di essere maggiormente coinvolta nella produzione del vino. Ha una laurea in Enologia e per approfondire ancora di più le tecniche del mestiere ha viaggiato molto, raccogliendo esperienze in aziende vinicole italiane ed estere. 

Nel corso della serata, che ha previsto una cena di due portate, anche una degustazione di tre vini Varvaglione: il Margrande Fiano del Salento IGP, il Paralupi Appassimento Rosso di Puglia IGP e il Salice Salentino DOP. 

Durante la seconda parte della cena-convegno, invece, si è discusso di soluzioni e dei passi da compiere per arrivare a un’equità sul lavoro. “Penso che tutti noi abbiamo una responsabilità e, in qualità di leader di un’organizzazione, queste responsabilità dovrebbero includere anche assicurarsi di avere una buona comprensione delle persone nel settore e delle loro esigenze, e ciò comprende sia uomini sia donne”, ha commentato Lynch. 

Caroline Carnegie ha, invece, ribadito l’importanza di comprendere anzitutto il proprio valore e di non avere paura di abbandonare un ambiente lavorativo in cui il proprio valore non viene percepito e apprezzato: “Per far sentire la propria voce, occorre essere sicuri del proprio valore e delle proprie capacità. Se dall’altra parte c’è un datore di lavoro che non è disposto ad ascoltarci, occorre anche essere abbastanza coraggiosi da capire che quel posto non è la soluzione giusta”. 

L’Australia ha adottato diverse misure per affrontare il divario retributivo di genere, tra cui il Workplace Gender Equality Act del 2012, che - tra le altre cose - richiede alle aziende di grandi dimensioni di fornire dati annuali sull’uguaglianza di genere. Tuttavia, la mera raccolta di dati non è sufficiente. È necessario un impegno concreto per attuare cambiamenti significativi nelle politiche aziendali e nelle pratiche di assunzione e promozione, e, soprattutto, è fondamentale che queste politiche siano accompagnate da un cambiamento culturale che valorizzi realmente il contributo delle donne in tutti i settori.