ROMA- Nonostante l’opposizione dei vescovi e della Chiesa cattolica, nonostante le mani avanti subito messe dall’ordine dei medici, nonostante il poco coraggio dimostrato dalla politica, alla quale la Consulta aveva dato un anno per legiferare in merito, la Corte costituzionale ha deciso di prendere il toro per le corna e ha stabilito, con una sentenza storica, che il suicidio assistito, a determinate condizioni, non è punibile come reato.
L’articolo 580 del codice penale, che stabilisce come l’aiuto e l’istigazione al suicidio sono punibili in ogni caso con la reclusione fino a 12 anni, è dunque da oggi considerato incostituzionale. Perché, hanno stabilito i giudici, a determinate condizioni, “chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”, non è punibile.
In un comunicato, la Consulta è poi tornata a chiedere un “indispensabile intervento del legislatore”, ma nel frattempo ha anche previsto “specifiche condizioni e modalità procedimentali”, perché l’aiuto al suicidio rientri nelle ipotesi non punibili, “per evitare rischi di abuso nei confronti di persone specialmente vulnerabili”.
A salutare con grande entusiasmo la decisione della Suprema corte è stato il radicale Marco Cappato, il cui caso era stato sottoposto dal Tribunale alla Consulta. Era lui infatti ad essere accusato di aver favorito il suicidio assistito in Svizzera di Fabiano Antoniani. La scorsa settimana, Cappato, assieme alla compagna di Fabiano Antoniani, Valeria Imbrogno, e Beppino Englaro, il padre di Eluana erano presenti durante la sentenza.
“Da oggi in Italia siamo tutti più liberi anche quelli che non sono d’accordo - ha commentato la sentenza Marco Cappato -. Ho aiutato Fabiano perché ho considerato un mio dovere farlo. La Corte costituzionale ha chiarito che era anche un suo diritto costituzionale per non dover subire sofferenze atroci. È una vittoria di Fabo e della disobbedienza civile, ottenuta mentre la politica ufficiale girava la testa dall’altra parte. Ora è necessaria una legge”.
E proprio mentre la Corte pronunciava la sentenza, in un moto di orgoglio tardivo dopo aver fatto scadere il tempo concesso dalla Consulta, in Senato è stato presentato un disegno di legge del governo che regoli il cosiddetto “fine vita”.
La mossa della Consulta e il sussulto del Parlamento hanno però messo sul piede di guerra i vescovi che hanno attivato la reazione cattolica alla norma, puntando sull’obiezione di coscienza come per l’aborto o la pillola del giorno dopo. E una gran parte del mondo medico italiano si è subito sollevato per dare man forte ai cattolici.
“Ci sarà una forte resistenza da parte del mondo medico”, spiega il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo), Filippo Anelli. Ci sono “almeno 4mila medici cattolici pronti a fare obiezione di coscienza”, avvisa invece l’Associazione dei medici cattolici italiani (Amci).