“Sono nato con le nebbia al posto del cuore”, amava ripetere Erminio “Pepe” Salvaderi, colonna dello storico complesso beat italiano, i Dik Dik, morto per complicazioni legate al COVID-19. Artista versatile suonava la chitarra ritmica, la tastiera ed era la voce secondaria del gruppo milanese.
Pepe, venuto alla luce a Milano alla fine degli anni ‘40, grande tifoso milanista e appassionato di tecnologia, inizia il suo percorso musicale studiando chitarra classica con il maestro Miguel Albeniz.
Nel 1965 fonda insieme a Giancarlo Sbriziolo e Pietro Montalbetti prima i Dreamers, poi gli Squali e, dopo un provino procurato al gruppo grazie a una segnalazione dell’allora arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini, futuro Papa Paolo VI, ottengono un contratto discografico con la Dischi Ricordi, cambiando il nome in Dik Dik, nome di un’antilope africana, trovato da Montalbetti per caso, guardando un dizionario Inglese-Italiano). Debuttano nello stesso anno col singolo “1-2-3/Se rimani con me”.
“1-2-3” è la reinterpretazione dell’omonimo brano di Len Barry; la facciata B, intitolata “Se rimani con me”, è scritta da un ancora sconosciuto Lucio Battisti, prima del suo incontro con il paroliere Mogol. Agli inizi dell’anno successivo, quest’ultimo fa ascoltare a Montalbetti una canzone che, appena uscita negli Stati Uniti d’America, sta riscuotendo un successo clamoroso: “California Dreamin’” dei The Mamas & the Papas; l’impasto delle voci, la melodia trascinante e le soluzioni musicali, con l’assolo di flauto al termine della seconda strofa, colpiscono Montalbetti, che convince Mogol a scrivere un testo in italiano.
Con il titolo “Sognando la California” la canzone riscuote un successo clamoroso: nella hit parade di Lelio Luttazzi la canzone rimane stabile per settimane al secondo posto, superata solo da “Strangers in the Night” di Frank Sinatra. Sul retro del 45 giri vi è “Dolce di giorno”, scritta da Mogol e Battisti, che iniziano a collaborare.
Da allora si susseguono i 45 giri di successo: nel 1967, “Il mondo è con noi” con sul retro “Se io fossi un falegname”, versione italiana di “If I were a carpenter” di Tim Hardin), e “Inno” (cover, sempre ad opera di Mogol, di “Let’s go to San Francisco” dei The Flower Pot Men), “Senza luce” (cover, sempre con i testi di Mogol, di “A Whiter Shade of Pale” dei Procol Harum, con la celebre intro di organo Hammond), con la quale raggiungono il primo posto nella hit parade; nel 1968 esce “Il vento” (ancora di Mogol e Battisti, con sul retro “L’eschimese”, una versione italiana di “The mighty Quinn” di Bob Dylan, ancora opera di Mogol), mentre l’anno seguente “Il primo giorno di primavera” che arriva prima in classifica per due settimane.
Sempre nel 1969 presentano al Festival di Sanremo “Zucchero”, in coppia con Rita Pavone. Al festival tornano l’anno dopo con “Io mi fermo qui”. Altro successo del 1970 è “L’isola di Wight”, poi “Vendo casa” (1971, ancora di Mogol e Battisti, con quest’ultimo che partecipa ai cori con Maurizio Vandelli, voce dell’Equipe 84), “Viaggio di un poeta” (1972), di nuovo prima nella hit parade, “Storia di periferia” (1973), “Help me” (1974). Dopo aver pubblicato nel 1975 “Volando” (una bella reinterpretazione di “Sailing” di Rod Stewart), il gruppo vive un periodo di appannamento e declino, quantomeno sul lato discografico, dovuto in parte al cambiamento dei gusti del pubblico, in parte a scelte discografiche un po’ azzardate e poco coerenti con il resto della produzione.
Dopo qualche singolo di successo come “Giornale di bordo” nel 1982 il gruppo ritorna a essere un trio, con gli elementi originali Pietruccio, Pepe e Lallo. Tra la fine degli anni ‘80 e l’inizio degli anni ‘90 con l’apprezzamento del pubblico riscontrato in “trasmissioni-amarcord” come “Una rotonda sul mare”, i Dik Dik tornano al successo che li porta nel 1993 a calcare nuovamente il palco del Festival di Sanremo insieme ai Camaleonti, altro gruppo storico degli anni ‘60 e ‘70, e a Maurizio Vandelli, ex voce dell’Equipe 84, con la canzone “Come passa il tempo”, che pur venendo esclusa dalla finale avrà un buon esito commerciale.
Da allora i Dik Dik hanno continuato ad apparire in trasmissioni televisive, fare concerti in giro per l’Italia e pubblicare nuovi lavori di buon successo. I Dik Dik hanno legato il loro nome a una stagione spensierata della musica leggera italiana, quella del Cantagiro, dei dischi per l’estate, delle cover americane e dei concerti in spiaggia.
L’ultimo saluto dei compagni di band Lallo e Petruccio in un post sulla pagina ufficiale di facebook: “Ciao Pepe, te ne sei andato a suonare con gli angeli e ci hai lasciato qui a piangerti e ricordarti per sempre. Conoscendo la tua innata ironia lo avrai fatto così senza avvertirci affinchè suonassimo le tue canzoni, le nostre canzoni ancora più forte, così forte da arrivare fino al cielo e il cielo sarà con te ad ascoltarci. Noi non ti abbiamo perso e non ti perderemo mai perché sei e sarai sempre dentro di noi e ti promettiamo un cosa, l’ultimo lavoro, quello che hai voluto tanto non andrà perduto. Ciao fratello, amico, grande musicista, ciao Pepe ci incontreremo in tutti i nostri sogni”.