MELBOURNE - I contribuenti si trovano di fronte a un dilemma: è giusto che una parte sostanziosa delle loro tasse venga destinata a trattati e programmi che privilegiano un gruppo specifico della popolazione?
Il leader dell’opposizione, John Pesutto, ha dichiarato apertamente la sua contrarietà al trattato, sostenendo che misure pratiche per migliorare la vita delle comunità indigene siano preferibili a un trattato formale. Molti condividono questa opinione, ritenendo che il denaro pubblico dovrebbe essere utilizzato per servizi che beneficiano tutta la popolazione, come sanità, istruzione e infrastrutture, piuttosto che su iniziative che sembrano privilegiare un gruppo a scapito di altri.
Le trattative in corso, promosse dalla premier Jacinta Allan e annunciate ieri in via formale, prevedono negoziazioni “a porte chiuse” per garantire un ambiente “culturalmente sicuro”. Tuttavia, i dettagli sul trattato e sui benefici specifici rimangono vaghi. L’assenza di linee guida sta alimentando il timore che il trattato possa rappresentare un peso ingiustificato per i cittadini del Victoria, senza neppure garantire miglioramenti concreti per la popolazione aborigena.
Il trattato promette cambiamenti pratici in settori come la sanità e l’istruzione, ma i critici sostengono che programmi già esistenti potrebbero essere resi più efficaci senza la necessità di un accordo oneroso. Inoltre, il leader dell’opposizione ha sottolineato che una questione di tale portata dovrebbe essere decisa tramite un referendum pubblico, poiché riguarda tutti i cittadini.
Mentre i negoziati proseguono, molti si chiedono se i contribuenti stiano finanziando un processo che potrebbe non produrre i risultati sperati. Pesutto ha inoltre criticato il governo per non aver fornito una data entro la quale la discussione sul trattato debba essere completata, osservando che alle prossime nel 2026 i cittadini del Victoria avranno il diritto di sapere per chi e per cosa stanno andando a votare.