Ponsford riesce a conversare in italiano senza troppe difficoltà, a eccezione di un paio di piccoli inciampi grammaticali durante una buona mezz’ora di conversazione telefonica.

Ma come si fa a mantenere una lingua che non è propria, in modo così eccellente? 

“Ascolto la radio italiana tutte le mattine, leggo, cerco di partecipare a eventi organizzati dall’Istituto di Cultura Italiana e dal Co.As.It. – spiega –. Inoltre, faccio parte di un club tutto al femminile, The Lyceum Club; ci incontriamo settimanalmente per leggere libri e articoli in lingua italiana”.

Ma la pronuncia della donna è quasi da manuale. C’è sotto dell’altro. L’amore che Vicky Ponsford nutre per la lingua nostrana non è una cosa successa all’improvviso, come quando ci si sveglia una mattina con quella irrefrenabile voglia di scaricare l’applicazione ‘Duolingo’ per imparare il giapponese. Questa love story va avanti da molto tempo. 

Negli anni ‘70, Ponsford lavorava come assistente sociale al Royal Melbourne Hospital e già lì frequentava un corso di italiano organizzato per lo staff ospedaliero, indetto per offrire una migliore assistenza ai pazienti immigrati dall’Italia. 

La grande affinità che Ponsford ha per questa lingua latina si nota sin da subito, tanto da farle guadagnare una posizione da assistente sociale al Co.As.It. nel 1976.

“Sono stata una delle primissime assistenti sociali dell’associazione e, dopo due anni, mi hanno mandata in Italia per un paio di mesi a osservare il crescente fenomeno migratorio italiano. Ho imparato tantissimo, oltre a essere stato il mio primo viaggio in Italia”. 

Ma sicuramente non l’ultimo. Dopo quattro anni al Co.As.It., Ponsford fa i bagagli e vola a Firenze. Nel capoluogo toscano frequenta l’Università per stranieri per quattro mesi, perfezionando ulteriormente il suo italiano: “La mia pronuncia non era male; me la cominciavo a cavare”, confessa.

Ponsford si trova in Italia proprio durante il brutale terremoto del 1980, un sisma che ha scosso l’intero Meridione, colpendo fortemente la Campania centrale e la Basilicata centro-settentrionale, tanto che, ancora oggi, viene ricordato come il più devastante terremoto del Sud Italia.

La donna fa un breve ritorno in Australia per il matrimonio della sorella lo stesso anno, per poi essere contattata direttamente dall’Australian Red Cross per prender parte a un programma assistenziale nelle zone terremotate del Mezzogiorno. 

Arriva quindi a Salerno nell’aprile del 1981: “È stato un periodo molto intenso, lavoravamo per lunghissime ore, c’era tanto da fare. Pernottavo in un albergo a Vietri sul Mare, un posto bellissimo, e nelle aree limitrofe c’era la più completa distruzione, desolazione, povertà. Un completo paradosso. È stata indubbiamente l’esperienza più intensa della mia vita”, ricorda la donna. 

Un’esperienza che le ha insegnato molto sull’Italia: “Arrivavo dall’Australia degli anni ‘70 e mi sono trovata in un mondo completamente diverso, più sofisticato. Ma non mancavano i problemi, come nella gestione dei tanti fondi per i terremotati, che con la criminalità organizzata locale sembravano non arrivare tutti a destinazione”, continua.

Ponsford ricorda anche una certa diffidenza che le persone locali nutrivano nei confronti dei volontari stranieri, forse una paura del diverso in un momento incerto e di forte trauma.

Si ritrova a lavorare a stretto contatto con persone provenienti da tutta Europa, oltre all’esercito italiano della Croce Rossa e le crocerossine. “Un’équipe fantastica: molti sono diventati amici con cui sono rimasta in contatto per molti anni”, racconta.

E, proprio con un amico conosciuto lì, Ponsford si trasferisce a Milano allo scadere dei suoi quattro mesi di contratto.

Nella metropoli lombarda trova impiego senza troppe difficoltà, insegnando la lingua inglese in scuole private e, in particolare, conducendo corsi di lingua inglese per impiegati di aziende come l’IBM.

È il 1985 quando Vicky Ponsford decide, a malincuore, di rientrare definitivamente in Australia: “Purtroppo senza permesso di soggiorno non era così semplice lavorare come avrei potuto fare a casa mia. Ma ho conosciuto tantissime persone speciali con cui ho mantenuto i contatti fino a oggi”, continua.

Anche Down Under, Ponsford continua a stare a stretto contatto con la comunità italiana, non solo tramite eventi organizzati: “Una coppia di amici ha una fattoria in New South Wales e dà spesso lavoro ai backpackers. Molte volte capita che, dopo la loro esperienza in fattoria, mi venga chiesto se posso ospitarli per qualche tempo. Ricordo ancora una coppia: il ragazzo, da pasticciere è diventato psicologo. Ho conosciuto anche la mamma, e la prossima volta che andrò in Italia, le farò visita”, racconta.

Ultimamente, si legge sempre più spesso di case abbandonate in piccoli paesini italiani che vengono vendute per pochi euro. Chiedo quindi a Ponsford se ci ha mai pensato a comprarne una e a trasferirsi di nuovo in Italia: “Qualche anno fa ti avrei risposto di sì e sarei partita subito. Adesso non è più così semplice, ma se ci fosse qualcuno con me, potrei accettare. Tu non conosci nessuno disposto a partire?”.