MELBOURNE - Il chief medical officer del Victoria, Brett Sutton, ha sollecitato più ferree misure di lockdown, dopo che lo Stato ha registrato le prime vittime del coronavirus.

Tre uomini di oltre settant’anni, ai quali era stato diagnosticato il COVID-19, e che erano ricoverati in vari ospedali di Melbourne, sono morti la settimana scorsa, portando il numero di vittime, al momento di andare in stampa, a 13.

Sette persone sono morte nel NSW, una in Queensland e due nel Western Australia.

Il dottor Sutton ha confermato che le tre vittime registrate nel Victoria avevano disturbi respiratori preesistenti.

Nel Victoria, ci sono stati casi confermati di contagio comunitario. Quattordici persone sono ancora ricoverate in ospedale, tre di loro in terapia intensiva.

Victoria e NSW sono i due Stati con il maggior numero di casi, anche se le condizioni di auto-isolamento, a quanto dichiarato dal primo ministro Scott Morrison nella conferenza stampa che ha fatto seguito alla riunione di venerdì del Gabinetto nazionale (composto dal primo ministro i premier statali e i ministri capo dei Territori e formato per far fronte all’emergenza sanitaria ed economica, ndr), stanno cominciando a dare frutti.

Il professor Sutton, la settimana scorsa, è ricorso ai social network per sollecitare lo Stato del Victoria affinché agisca anticipatamente e più severamente rispetto agli altri Stati attivando misure di chiusura ancora più stringenti del resto della nazione.

Durante una conferenza stampa, la settimana scorsa, Sutton ha confermato che i casi giornalieri di contagio hanno fatto registrare un leggero rallentamento dopo la chiusura delle frontiere statali, ma ha sollecitato i residenti del Victoria a non lasciarsi prendere da facili entusiasmi.

“Dobbiamo considerare la situazione in cui potremmo trovarci tra due settimane, e le azioni intraprese in questi giorni potrebbero fare la differenza - ha detto -, perché non vogliamo trovarci nella situazione di dover prendere decisioni sulla serrata generale quando siamo fuori tempo limite”.

Sotto pressione per richiedere l’immediata chiusura di tutti i centri commerciali e lasciare aperti solo i supermercati per gli acquisti di prima necessità, l’ufficiale medico capo del Victoria ha sottolineato che si tratta di una decisione che riguarda solo ed esclusivamente il Gabinetto nazionale: “La cosa positiva è che nel Victoria possiamo fare la differenza - ha detto il professore -, ed evitare di andare per lo stesso percorso ‘catastrofico’ di tanti Paesi europei e che sta iniziando a prendere gli Stati Uniti.

Nel Victoria i casi di contagio sono, al momento di andare in stampa, 774, e quelli registrati negli ultimi giorni della scorsa settimana sono stati 54.  Nel NSW, lo Stato maggiormente colpito, a venerdì sera i casi registrati erano 186 per la settimana, e 1.405, in generale.

Nella conferenza stampa che ha seguito la riunione in videoconferenza del Gabinetto nazionale, il primo ministro ha detto che il pacchetto di assistenza per gli affittuari è necessario, ma è una questione che riguarda le amministrazioni statali e territoriali, che stanno lavorando a un pacchetto di proposte, aggiungendo che come la situazione degli asili nido e i centri di assistenza all’infanzia, c’è bisogno di un approccio unitario.

Il premier del Victoria, Daniel Andrews, ha ribadito quanto dichiarato dal primo ministro in relazione ai periodi di quarantena forzata in albergo di tutti coloro che arrivano in Australia dall’estero: “è assolutamente imperativo che per almeno due settimane, chiunque rientri in Australia, e nel nostro caso nel Victoria, rimanga in totale auto-isolamento”.

Il premier ha spiegato che non si tratta di una reazione esagerata ma che rientra nella nuova realtà delle cose per salvare vite umane.
Il premier Andrews, che da alcuni giorni parla della possibile introduzione della terza fase di serrata generale, ha confermato venerdì che verrà attivata, ma di non essere ancora in grado di dire quando e come.

Intanto, mentre si attendono le decisioni delle autorità governative sui centri commerciali, le catene di negozi Kathmandu e Rip-Curl hanno chiuso i battenti, sospendendo temporaneamente, o mettendo in esubero, 1.300 dipendenti.