Da “gioiello della corona liberale” al “Massachussets politico d’Australia”. Niente vie di mezzo per il Victoria che si appresta ad andare alle urne: prima del 1982 e l’arrivo di John Cain jr, fiore all’occhiello dei liberali; per 29 degli ultimi 40 anni, invece, al timone i laburisti che si sono aggiudicati 8 delle ultime 11 prove elettorali.
Sabato i cittadini del secondo Stato più popoloso del Paese avranno puntati addosso gli occhi dell’intera nazione, perché quello che in molti hanno definito una specie di referendum su Daniel Andrews, può essere considerato anche un referendum su un certo modo di fare politica, che sicuramente aiuterà a modellare la campagna di Dominic Perrottet, il prossimo premier chiamato all’esame popolare.
Dopo il Victoria, infatti, in marzo del 2023 sarà la volta del New South Wales ad andare alle urne per completare il ciclo elettorale a cavallo della pandemia, iniziato nella seconda metà del 2020.
Durante la più grande crisi sanitaria del dopoguerra, gli elettori hanno premiato i governi in carica: da quello del Territorio della capitale a quello del Territorio del Nord, dal Queensland alla Tasmania con uno spettacolare schiacciante trionfo per l’amministrazione laburista guidata da Mark McGowan nel Western Australia. Con la pandemia che è andata scemando - almeno come paure, perché in fatto di vittime siamo ad una sconcertante silenziosa accettazione di decine di decessi giornalieri -, gli elettori hanno cominciato a ‘giudicare’, con un certo distacco dalla nuova realtà con cui siamo costretti a vivere, l’esperienza vissuta negli ultimi due anni e l’operato dei governi.
E il giudizio è stato severo sia per Steve Marshall, nel South Australia, che per l’esecutivo federale di Scott Morrison lo scorso maggio. Non solo pandemia ovviamente, ma sicuramente il verdetto negativo nei confronti delle due amministrazioni a trazione liberale, ha compreso una valutazione, con l’infallibile senno del poi, della gestione dell’emergenza Covid: dai lockdown alla campagna vaccinale, dai confini chiusi (interni ed esterni) alle case di riposo, dalle nuove ondate e varianti del virus ai problemi della sanità, rimpallati tra responsabilità statali e federali.
L’umore popolare durante e ‘dopo’ pandemia, è decisamente cambiato: si è passati dal ‘premiare’ per la protezione ricevuta alla ‘punizione’ per gli errori inevitabilmente commessi nell’affrontare un’emergenza senza precedenti. Premio o punizione quindi per Andrews? Il leader dell’opposizione, Matthew Guy, per poter avere la minima possibilità di successo non può che contare sul risentimento di una larga fascia di elettori, di quelli ancora arrabbiati per i ripetuti e prolungati lockdown (con alcune indubbie ‘esagerazioni’, sicuramente più facili da commentare oggi che nel bel mezzo della crisi), i controlli e le restrizioni, ma soprattutto, per i posti di lavoro andati perduti e le piccole attività commerciali costrette a chiudere.
Un voto premio o punizione quindi strettamente legato a fattori e circostanze personali, che mettono in secondo piano la gestione generale dello Stato e un coordinato piano d’azione che non sembra esserci. La campagna del Victoria ci ha infatti regalato solo una serie infinita di promesse milionarie praticamente su tutto, senza una precisa linea programmatica, anche se entrambi i leader - come hanno fatto anche martedì sera nell’unico dibattito televisivo su Sky all’insegna di una forzata moderazione nei toni evitando qualsiasi tentazione di scontro -, giurano che ci sia.
Una specie di asta continua per accontentare qualcuno, premiare qualcun altro, facendo finta di sentire e capire aspettative e necessità che ruotano, in questo momento, soprattutto sul carovita e sugli obiettivi energetici. Una campagna che ci ha regalato una valanga di accuse (con annunci di indagini a raffica dell’anti-corruzione, che non sembrano avere gran presa sugli elettori), con incredibili attacchi personalizzati sui leader e su candidati vari, in una caduta in basso senza precedenti in fatto di qualità, stile e onestà politica.
Andrews, in particolare, polarizza l’attenzione e sarà determinate, a livello di approvazione o disapprovazione personale, sull’esito del voto contro un’opposizione che in termini di idee, propositi, direzione e convinzioni non ha di sicuro messo in mostra gran peso e sostanza.
I numeri di partenza (laburisti 56 seggi, Liberali-Nazionali 21/6, Verdi-Indipendenti 3/2) indicano una strada tutta in salita per la Coalizione. Prendendo poi in considerazione quello che è successo a maggio (in base ai consensi laburisti nel Victoria) le speranze di Matthew Guy sembrano ancora più ridotte. Ma c’è l’incognita del livello di risentimento di una parte dell’elettorato nei confronti del premier e di capire esattamente quanto grande questa ‘parte’ effettivamente è. Inoltre, sempre in base ai risultati di maggio e quella che sembra una nuova tendenza dei disillusi con i tradizionali schieramenti politici, da vedere se troverà seguito la novità ‘teal’, oltre alla probabile conferma di una certa attrazione per partiti minori monotematici e indipendenti vari. Con i verdi che potrebbero davvero, in circostanze politiche così particolari, coronare il loro sogno di diventare un vero ago della bilancia nell’amministrazione dello Stato.
Riflettori puntati, dal fronte liberale, su alcuni seggi laburisti sicuramente vulnerabili come Hawthorn, dopo il sorprendente successo per una manciata di voti di John Kennedy nei confronti di colui che era indicato come un possibile leader, John Pesutto che in questa tornata è forse più minacciato da Melissa Lowe, sulla scia dell’effetto Ryan (Monique) nel seggio federale di Kooyong.
Per sperare di scalzare Andrews, la formazione guidata da Matthew Guy non può non riconquistare Nepean, seconda vera sorpresa della debacle del 2018, con l’ex tennista Sam Groth sicuramente in grado di riportare il collegio, che comprende i sobborghi occidentali della Mornington Pensinsula, sotto il tradizionale controllo liberale.
Nel mirino dell’opposizione anche Ashwood, Pakenaham, Ripon, South Barwon, Box Hill, Ringwood, Morwell e Melton, tutti seggi con un vantaggio di partenza non solidissimo per il partito di governo tra il 2 e il 5 per cento. Partita aperta per i profondi cambiamenti dell’elettorato a causa di una notevole crescita demografica, abbinata a problemi di traffico e infrastrutture non al passo con i cambiamenti stessi, anche nei collegi di Cranbourne, Point Cook e Albert Park, nonostante gli ampi vantaggi ottenuti dai laburisti nel 2018, rispettivamente del 9,3, 12,8 e 13,1 per cento.
Per la squadra Andrews più di qualche timore ‘verde’ a Richmond e non è tranquillo al cento per cento nemmeno il ministro del Tesoro, Tim Pallas, a Werribee. In questo caso la ‘minaccia’ arriva dall’indipendente Mia Shaw.
Fondamentale per Guy, per far diventare la sua ‘missione possibile’, difendere con successo Hastings (seggio messo a rischio da una revisione dei confini elettorali e dal ritiro dalla politica dell’attuale rappresentante del collegio, Neal Burgess), Caulfield, Sandrigham, Brighton, Bayswater, Bass, Glen Waverley, Croydon, Berwick dove il vantaggio liberale è stato ridimensionato o creato dalle modifiche apportate ai nuovi perimetri dei seggi in questione o dalle striminzite vittorie del 2018, quando l’ondata laburista ha travolto buona parte dell’area costiera di Melbourne.