Avanza spedito lungo il suo cammino da osservatore privilegiato delle umane contraddizioni. Il sergente investigativo Vincent Manno si avvale non solo delle sue scrupolose abilità logico-deduttive, ma le storie cariche di risvolti umani in cui si è imbattuto nel corso degli anni, gli hanno permesso di esercitare ogni volta anche le sue innegabili capacità emotive.
Sono circa quindicimila i giovani della zona metropolitana di Melbourne e dell’area regionale del Victoria che è infatti riuscito a coinvolgere, dall’ormai lontano 2001, nel programma ‘Sports COPPS’ – Choices, Opportunities, Partnerships, Participation equals Success: la capacità di saper scegliere, la maturità di cogliere le opportunità e le collaborazioni che guidano verso la partecipazione e il successo.
La felice intuizione di Vincent Manno è stata riconosciuta la scorsa settimana durante la cerimonia ufficiale dei Victorian Multicultural Awards for Excellence 2024, premiato dalla Governatrice del Victoria Margaret Gardner e dal chief commissioner Shane Patton – alla presenza della premier Jacinta Allan e di alcuni ministri statali coinvolti nelle rispettive categorie – “per aver ridotto la criminalità giovanile, creato relazioni di fiducia tra gli ufficiali di Polizia e le comunità multiculturali, limitato le tensioni sociali in corso da tempo e stabilito partnership con gruppi comunitari, scuole e club sportivi”.
Lo incontro all’interno dell’elegante cornice in stile Italianate della Government House Ballroom, mentre il blu distintivo delle pareti si mescola al sole che filtra dalle altissime finestre, in un pomeriggio melburniano particolarmente soleggiato.
“Mi sento estremamente onorato nel ricevere questo premio”, mi dice stringendomi la mano, presentandomi il suo amico di vecchia data, Emmanuel ‘Manny’ Spiteri – che l’ha nominato al riconoscimento statale –, e i figli Patrick e Julia dal sorriso gentile.
“Mia madre mi ha sempre detto di non dimenticare da dove provengo. Ha sempre ripetuto di mantenere vivo il legame con la comunità. Lei era un’assistente all’insegnamento della lingua inglese per bambini italiani o dal background multiculturale”, mi racconta, lasciando trapelare una lieve ombra di nostalgia.
Vincent Manno insieme ai suoi figli Patrick e Julia durante la cerimonia ufficiale alla Government House
“Ho sempre pensato che i campi sportivi possano essere replicati nel nostro quotidiano: interagiamo infatti con ogni tipo di persona, ogni giorno, con i loro punti di forza e di debolezza – continua –. Il lavoro che svolgo è volontario ed è generazionale; ci sarà per gli anni a venire. Come agenti di polizia in Victoria, abbiamo la possibilità di offrire un’eccellente piattaforma comunitaria e diffondere la buona parola, permettendo ai giovani di trarre beneficio dal nostro programma”.
Di padre toscano e madre calabrese – lui dal centro di Lucca e lei da Stefanaconi, in provincia di Vibo Valentia –, Vincent Manno ammette come tutto sia cominciato con il calcio, in un campo da gioco rettangolare, due porte e un pallone.
“È lo sport con cui sono cresciuto e che ho sempre seguito – spiega –. All’inizio, infatti, il programma si chiamava ‘Soccer COPPS’, ma poi ho riflettuto sul fattore del multiculturalismo e volevo che tutti si sentissero rappresentati: ho quindi integrato nel progetto ogni tipo di attività sportiva. Come per le arti performative, credo davvero che lo sport sia capace di attrarre le attenzioni dei più giovani e di guidarli verso un modello positivo”.
Il programma è rivolto a tutti, dalla terza elementare fino all’Anno 10, e intende elevare lo sport a linguaggio universale, al di là delle complesse barriere politiche o religiose, nel tentativo di trovare un terreno comune.
Vincent Manno e l’amico Emmanuel ‘Manny’ Spiteri che l’ha nominato ai Victorian Multicultural Awards for Excellence 2024
“Spiego ai ragazzi quale sia il ruolo della Polizia, in che modo possono aiutarci nel caso in cui siano a conoscenza di una situazione complessa: non devono intervenire direttamente, ma possono avvisare un adulto responsabile. E in caso di emergenza, dopo aver chiamato il numero 000, devono essere capaci di parlare con l’operatore telefonico per spiegare chi sono, dove si trovano, cosa sta succedendo”, continua Manno.
“Parlo tanto anche di bullismo che è insito nella nostra società, indipendentemente dal fatto che si tratti di un atleta, un impiegato o uno studente. E poi discutiamo di social media e di quanto siano vulnerabili di fronte all’immensità del web. Pongo sempre la stessa domanda, ‘Per quanto tempo pensate che le fotografie o i video rimangano sui social media e chi è il proprietario di quei contenuti?’. La risposta è semplice: resteranno lì per sempre e le aziende delle piattaforme social ne possiedono i diritti”.
Per il sergente investigativo, è possibile intervenire prima che sia troppo tardi, utilizzando anche lo strumento dello sport: “Life skills through sport”, ribadisce con tono fermo, perché crede davvero che la vita possa acquisire “le sue abilità” attraverso un’attività sportiva.
“Nella metà degli anni ‘90, c’erano parecchi gruppi di giovani d’origine africana coinvolti in rapine. Il sistema giudiziario penale era una porta girevole: venivano rilasciati ancora prima di essere accusati. Non sembra esserci molta differenza con il sistema giudiziario odierno, ma oggi purtroppo i giovani sono coinvolti in furti aggravati e crimini molto più gravi – continua –. Il mio obiettivo era di provare a coinvolgerli in un gioco alla pari, attraverso un interesse comune. Partendo da quel punto, si può costruire un dialogo”.
Manno è cresciuto in una Melbourne completamente diversa da quella dove viviamo oggi, sovraccaricata e appesantita da “divisione e ostracismo”.
“C’era molto pregiudizio, ma mio padre mi ha sempre detto di essere venuto in Australia per il lavoro e null’altro, e di apprezzare quello che abbiamo. Gli ho chiesto più volte cosa volesse dire: mi rispondeva che gli italiani della sua generazione andavano avanti come se non ci fosse mai stato un conflitto mondiale, come se non avessero mai vissuto la miseria e la povertà. Mi diceva, ‘Gli italiani di oggi non avrebbero mai fatto i sacrifici che abbiamo fatto noi negli anni Cinquanta’. E in effetti, le nuove generazioni di migranti vivono in un mondo certamente diverso e, sotto alcuni aspetti, più sicuro”, racconta.
Suo padre era infatti arrivato nella capitale del Victoria all’età di diciassette anni, nell’anno delle gloriose Olimpiadi a Melbourne, per ricongiungersi al fratello Carmelo. Nella sua prima settimana Down Under, si è iscritto a una scuola professionale da calderaio, mestiere che aveva già intrapreso in Italia, e a un corso di inglese per provare a integrarsi il prima possibile.
Le origini italiane, però, non le hai mai abbandonate, tanto da fondare, insieme ad altri migranti, il Club Italia a Sunshine. Sua madre, invece, è giunta in Australia insieme alla sua famiglia all’età di circa otto anni.
Una foto di famiglia: Vincent Manno (dietro) insieme ai genitori Pietro e Maria, sua sorella Amanda, in braccio alla madre, e il fratello Fabian
“Amava il giardinaggio, le sue rose erano straordinarie e aveva tantissimi alberi da frutto – mi racconta Manno, leggermente commosso –. Mio padre invece produceva spumante e vino in casa, con un torchio da lui costruito. E come tutti gli italiani, la domenica mattina era dedicata alla Messa e poi si stava insieme in famiglia, così come durante le festività annuali”.
Quando ha deciso di intraprendere la carriera in Polizia, allontanandosi dalle “professioni sicure” scelte invece dai suoi coetanei, suo padre gli ha semplicemente consigliato di essere cauto e “di fare del suo meglio, qualsiasi fosse stato il suo percorso”.
“Voleva che ricevessi una buona istruzione e che trovassi un ottimo lavoro, come tutti del resto, ma è stato sempre molto comprensivo. Nonostante ci fosse forse un po’ di esitazione iniziale, alla fine entrambi i miei genitori mi hanno sostenuto. Dopotutto, uno zio paterno era già Maresciallo in Italia e, dopo di me, anche mia sorella Amanda è diventata sergente in Victoria Police e un cugino è ispettore senior – spiega –. Mia madre, purtroppo, è scomparsa giovanissima, all’età di 43 anni, e non ha potuto seguire i nostri passi sin da allora, lasciando me, mia sorella e mio fratello Fabian”.
Ma Vincent Manno ammette di aver sempre voluto intraprendere il cammino nella giustizia e nella difesa, un viaggio che, seppur a ostacoli, gli permette di afferrare ogni sfaccettatura dell’esperienza umana.
‘Sports COPPS’ è difatti un progetto puramente comunitario e volontario, registrato ufficialmente da Victoria Police. Chiunque abbia domande o voglia fare una donazione, può contattare il sergente investigativo direttamente al suo indirizzo email.
“Come possiamo rendere lo Stato del Victoria un posto più sicuro? Penso che la risposta sia molto complicata, ma credo che ci stiamo muovendo nella giusta direzione – conclude Manno –. Ci sono moltissimi giovani emarginati e persi, che siano indigeni, abbiano un background multiculturale o provengano da aree socio-economiche disagiate: cercano assistenza e aiuto. C’è una grande mancanza di meccanismi di supporto; noi possiamo agire in tal senso”.