BRISBANE - Entrano nella fase conclusiva, con due offerenti selezionati tra i 20 iniziali, le trattative per la vendita in liquidazione di Virgin Australia, seconda compagnia aerea australiana dopo la Qantas, entrata in aprile in amministrazione volontaria. I dirigenti della Deloitte, responsabili dell’amministrazione volontaria,comunicano che saranno ora valutate le due offerte al fine di selezionare quella preferita, come previsto, entro il 30 giugno.
Si tratta di due società Usa di private equity, la Bain Capital di Boston e la Cyrus Capital Partners, legata al miliardario britannico e fondatore del gruppo Virgin, Richard Branson. Entrambe hanno già indicato che non tenteranno di operare il vettore a servizio pieno come la Qantas.
“Sulla base delle loro dichiarazioni pubbliche, entrambi gli offerenti si impegnano a vedere una Virgin Australia forte,competitiva e sostenibile che opera nel futuro, impiegando migliaia di australiani e supportando l’industria del turismo e le economie statali e nazionali”, ha dichiarato Deloitte in un comunicato. I dettagli delle due offerte non sono stati resi noti, ma Deloitte precisa che entrambi gli offerenti hanno già ricevuto l’approvazione del Foreign Investment Review Board.
La Virgin ha un indebitamento totale di circa 2 miliardi di dollari a 6.500 obbligazionisti non garantiti, il secondo gruppo di creditori più numeroso dopo di quello dei dipendenti, che voteranno per un accordo in una riunione in programma in agosto. Gli obbligazionisti includono FIIG Securities, Northern Trust Asset Management, Sargon CT e The Bank of New York Mellon.
Rimasta quasi del tutto a terra dal 25 marzo a causa del coronavirus, la compagnia aveva visto il flusso di cassa crollare a causa delle severe restrizioni ai viaggi.
Ha messo in esubero circa 1.000 dipendenti e in aspettativa altri 8.000, ha finora continuato a operare rotte interne limitate e voli charter promossi dal governo per riportare in patria australiani bloccati all’estero in seguito alla pandemia.