BUENOS AIRES – Padre umbro e madre siciliana, arrivati in Argentina nel secondo dopoguerra: Ariel Lucarini è presidente del Centro Umbro di Buenos Aires, dove diffonde la cultura della Regione. Con il Centro organizza anche viaggi delle radici in Umbria; il prossimo sarà alla  fine di settembre.

Lucarini è laureato in Sociologia all’Università di Buenos Aires, dove insegna nel cosiddetto CBC, Ciclo básico común, un anno di raccordo tra la secondaria e l’università

Si è specializzato nei temi che riguardano l’immigrazione ed è magister in Storia e dottore in Studi ispanoamericani all’Università di Parigi VIII; è professore di due materie, Metodologia della ricerca sociale e Informazione migratoria all’Università Tres de Febrero.

Per la sua vasta conoscenza in materia, è stato scelto come professore di Storia dell’immigrazione italiana in Argentina per il corso di specializzazione del CIAAE.

A un sociologo attento come Lucarini, non è sfuggito il fatto che l’Ambasciatore Fabrizio Lucentini, alla cerimonia per il 78° anniversario della Repubblica Italiana nel Teatro Coliseo – l’unico teatro di proprietà statale al di fuori dall’Italia – si sia scusato con il pubblico presente per aver fatto il suo discorso solo in italiano. E non per scarsa conoscenza dello spagnolo, ma per una scelta deliberata. 

“Questo piccolo ma significativo aneddoto espone la singolarità e l’importanza della collettività italiana in Argentina, che è la più grande all’estero – spiega lo studioso –. Ma anche gli ostacoli che incontra. Il fatto che la maggior parte degli argentini con doppia cittadinanza non sappia l’italiano ci parla sicuramente del successo dell’integrazione degli immigrati nella società argentina, ma anche di un fallimento nel mantenere viva la lingua”.

Lucarini puntualizza che questa integrazione è stata promossa, tra altri, da Domingo F. Sarmiento che, per difendere l'istruzione pubblica, esortava gli immigrati italiani a mandare i propri figli alle scuole argentine. "Voleva costruire cittadini argentini," chiarisce il sociologo.

“Gli italiani devono molto all’Argentina, che li ha accolti nei due dopoguerra da un Paese devastato, e gli argentini devono anche molto all’Italia – spiega Lucarini –. L’integrazione degli italiani nella società argentina non solo è riuscita con successo, ma è stata anche fondamentale nello sviluppo produttivo e del patrimonio, materiale e immateriale, dell’Argentina moderna”.

Questo potente vincolo storico – costitutivo della singolare e complessa identità italo-argentina e che va al di là di qualsiasi affinità o differenza politica con i governi di turno – non dovrebbe, a suo parere, limitarsi a un approccio meramente strumentale della cittadinanza italiana (concepita solo come un’agevolazione per viaggiare all’estero), ma dovrebbe invece essere un’opportunità di sviluppo personale e sociale.

Una sfida per il futuro è appunto continuare a diffondere l’italiano che, nonostante una delle lingue più studiate in Argentina, dopo l’inglese, è comunque parlato solo da una parte dei milioni di argentini di discendenza italiana. 

Eppure la lingua è ciò che permette di informarsi, seguire la politica italiana, vedere film, leggere libri e giornali. E votare con cognizione di causa. 

“Esercitare attivamente i nostri diritti come cittadini italo-argentini – conclude – è il miglior omaggio che possiamo fare alla Repubblica Italiana. Il passaporto non dovrebbe essere un'aspirazione vacua, a cui poi gli sforzi per ottenerlo non corrispondono a una reale esercizio della cittadinanza”.