BUENOS AIRES - I familiari delle vittime dell’attentato alla sede dell’Amia, avvenuto del 18 luglio 1994, chiederanno oggi alla giustizia argentina di applicare la nuova legge sul giudizio in contumacia per i sospetti con ordine di cattura internazionale. La normativa, entrata in vigore due settimane fa, consente di processare imputati per atti di terrorismo anche in loro assenza.
La richiesta sarà presentata al giudice federale Daniel Rafecas, attualmente responsabile del Tribunale Federale n. 6 di Comodoro Py, da Luis Czyzewski e Mario Averbuch, genitori di Paola e Yamila, due delle vittime dell’attacco alla mutuale israelo-argentina, che causò la morte di 85 persone e il ferimento di altre 151.
Gli accusati, cittadini iraniani, sono ritenuti gli ideatori e i mandanti dell’attentato e sono soggetti a mandati di cattura nazionali e internazionali dal 2006.
“Il giudizio in contumacia era indispensabile per risolvere i casi di terrorismo in Argentina. Non esistono motivazioni giuridiche valide per opporsi a questa misura, l’unica che può garantire una risposta alle vittime dopo 30 anni dall’attentato all’Amia”, ha dichiarato l’avvocato Tomás Farini Duggan, che rappresenterà i familiari in tribunale.
Czyzewski e Averbuch chiederanno inoltre di essere riconosciuti come parti civili nel procedimento. Entrambi ricoprono già questo ruolo nel caso del memorandum d’intesa con l’Iran, attualmente rinviato a giudizio, in cui la principale imputata è l’ex presidente Cristina Kirchner.
La legge n. 27.784, approvata dal Senato a fine febbraio e pubblicata nel Bollettino Ufficiale due settimane fa, ha modificato il Codice di procedura penale, introducendo la possibilità di processare in Argentina persone accusate di reati gravi, anche se si trovano al di fuori del territorio nazionale o sono latitanti.
L’attentato all’Amia è stato spesso citato come esempio concreto di applicazione di questa nuova normativa, che prevede il giudizio in contumacia per imputati con mandati di cattura pendenti da oltre quattro mesi o che, pur essendo a conoscenza delle accuse, non si presentano spontaneamente alla giustizia.
Finora questa possibilità non era consentita per proteggere il diritto alla difesa dell’imputato.
Da tre decenni i familiari delle vittime dell’attentato attendono risposte concrete sulla strage che ha segnato la storia dell’Argentina.