La vita dell’imprenditore cinematografico Vittorio Cecchi Gori, che ha appena festeggiato l’80esimo compleanno, non poteva che assomigliare a un film. Un film, come lui stesso si è sfogato tempo fa, diventato “all’improvviso brutto”. 

Vittorio Cecchi Gori nasce a Firenze dove vive fino all’adolescenza. Trasferitosi a Roma, si laurea in scienze politiche nell’università della capitale. Nel frattempo, fin dall’età di 14 anni, era diventato assistente del padre Mario, uno dei più noti imprenditori cinematografici. Sono anni in cui Vittorio si dà alla dolce vita romana, facendo il “vitellone”: su di lui si narrano numerose storie di flirt con attrici e soubrette, tra cui il fidanzamento con l’attrice Maria Grazia Buccella.

Nel 1981 sul set del film “Asso”, interpretato da Adriano Celentano, Vittorio incontra l’attrice Rita Rusic, istriana di Pola emigrata a Busto Arsizio. E’ subito un colpo di fulmine, sancito nel luglio 1983 con il matrimonio. La coppia ha avuto due figli, Vittoria e Marietto. La loro unione è durata 16 anni. Il matrimonio è finito nel maggio del 1999: i legali della Rusic chiesero la separazione per colpa. Alla base le liti, gli insulti, le botte e le richieste di intervento al 113.

Fino al 1993, anno della scomparsa di Mario Cecchi Gori, Vittorio è vissuto all’ombra del padre, contribuendo però al successo dell’attività cinematografica familiare, producendo film che hanno sbancato il botteghino: tanti i titoli dai grandi incassi come “Il bisbetico domato”, “Mia moglie è una strega”, “Il tenente dei carabinieri”, “Io e mia sorella”, “Le vie del Signore sono finite”, “Il piccolo diavolo”, “Il muro di gomma”, “Johnny Stecchino”.

Nel 1991 vince il suo primo Oscar con il film “Mediterraneo” di Gabriele Salvatores. Dopo la scomparsa del padre, oltre ad assumere la presidenza della Cecchi Gori Group, Vittorio diventa anche presidente della Fiorentina, il diciassettesimo al vertice della storia del club viola. E’ proprio Vittorio a mettere a segno, quando era ancora presidente il padre, il suo colpo più riuscito: l’ingaggio del calciatore argentino Gabriel Omar Batistuta, da allora per tutti i tifosi viola “Batigol”. E sotto la sua presidenza la Fiorentina vince una Coppa Italia e una Supercoppa italiana nel 1996 e un’altra Coppa Italia nel 2000-2001.

Nel 1994 Vittorio inizia anche l’avventura politica: nel marzo di quell’anno, mentre Silvio Berlusconi trionfa con Forza Italia, viene eletto senatore dei Popolari, carica che viene confermata anche alle elezioni dell’aprile ‘96. Sono anni d’oro. Il film “Il postino” con Massimo Troisi gli vale la candidatura all’Oscar come miglior film e gli fa vincere il Bafta come miglior film non in lingua inglese. Tra gli altri riconoscimenti ottenuti in carriera figurano tre David di Donatello su sette candidature.

Nel frattempo, accanto a quella di produttore cinematografico, decide di diventare anche proprietario di televisioni, mettendosi in testa di voler creare un impero dell’etere per fare concorrenza a Berlusconi. Così nel 1994 acquista l’emittente regionale toscana Canale 10, mentre nel 1995 compra Videomusic, trasferendone la sede a Firenze, poi chiamata Tmc2 (tra il 1996 e il ‘97), e Telemontecarlo (poi diventata l’attuale La7 nel 2001) ed entra anche nell’azionariato di Telepiù, la prima pay tv italiana. E’ l’inizio del progetto del cosiddetto terzo polo tv, che sarebbe naufragato negli anni a venire.

Nel 1999, Cecchi Gori è il distributore del film “La vita è bella” di Roberto Benigni, vincitore di tre premi Oscar. Nella seconda metà degli anni ‘90 i film prodotti dalla Cecchi Gori Group sono campioni d’incasso, come testimonia per tutti “Il ciclone” del comico fiorentino Leonardo Pieraccioni. E proprio alla Rusic, che aveva acquistato sempre più potere nella casa cinematografica di famiglia, si deve la scoperta di Pieraccioni, ma anche di altri giovani registi dell’epoca come ad esempio Paolo Virzì. Il 2001 è il primo “anno nero” di Vittorio Cecchi Gori. Il 7 giugno Rita Rusic presenta al Tribunale di Los Angeles la richiesta di metà del patrimonio dell’ex marito, stimato allora intorno ai 4.500 miliardi di vecchie lire, appellandosi a un accordo prematrimoniale. Pochi mesi prima era stata aperta dalla Procura di Firenze un’inchiesta con due collaboratori di Cecchi Gori accusati per un giro di presunte cambiali false.

Nell’estate del 2001 Cecchi Gori riceve un avviso di garanzia per concorso in riciclaggio e scoppia un clamoroso scandalo: a Roma viene perquisito Palazzo Borghese, la residenza romana di Vittorio, gli agenti di polizia scoprono un nascondiglio nella stanza da letto dietro un grande specchio. E durante la perquisizione gli agenti trovano anche della polvere bianca nella cassaforte. Si racconta che il produttore si difese dicendo che la polvere era “zafferano” non cocaina. Ma il peggio per Vittorio deve ancora avvenire.

Durante l’indagine per un presunto concorso in riciclaggio per l’emissione di 68 cambiali per 68 miliardi di lire a giustificazione di un finanziamento fittizio di pari importo per la Fiorentina, alla fine del luglio 2001 la Procura chiede la revoca degli amministratori della società viola. Si cerca di salvare la squadra di calcio, vengono presentate offerte di acquisto, ma l’imprenditore le rifiuta. Nel frattempo una prima richiesta di fallimento per la Fiorentina viene archiviata (settembre 2001). A novembre comincia la ribellione dei tifosi viola che chiedono a Cecchi Gori di vendere la società. Nel gennaio 2002 la Procura di Firenze chiede il rinvio a giudizio per appropriazione indebita, falso in bilancio e truffa per le vicende societarie della Fiorentina.

Anche il nuovo anno comincia malissimo: muore la mamma Valeria, a cui era legatissimo. E a luglio di quell’anno finiscono nel nulla i vani tentativi di Cecchi Gori di salvare la Fiorentina: non ci sono più soldi, nessuno la compra all’asta e la società viola non può essere iscritta al campionato di serie A. Il 27 settembre 2002 il Tribunale la dichiara fallita dopo 76 anni e un mese dopo viene arrestato per il fallimento della Fiorentina.

Nel novembre 2006 viene condannato in via definitiva dalla quinta sezione penale della Corte di Cassazione a tre anni e quattro mesi di reclusione, tre dei quali coperti dall’indulto, per la bancarotta della Fiorentina. Il 3 giugno 2008 è arrestato per bancarotta fraudolenta della Safin. Il 25 luglio 2011 viene nuovamente arrestato per bancarotta fraudolenta. Nel corso delle investigazioni è infatti emerso che Cecchi Gori ha distratto i beni del patrimonio sociale della Fin.Ma.Vi. Spa, causando un passivo fallimentare di circa 600 milioni di euro.

Il 1º febbraio 2013 si conclude il processo con una condanna a sei anni di reclusione e la confisca del capitale sociale delle società “Fin.Ma.Vi. Cecchi Gori Cinema e Spettacolo” e “New Fair Film” confermando anche il sequestro delle quote delle società “Adriano Entertainment” e “Vip 1997”. Il 7 ottobre 2013 viene condannato nell’ambito del processo per il crac Fin.Ma.Vi. a sette anni di reclusione.

Il 27 febbraio 2020 la Cassazione conferma la condanna a cinque anni e sei mesi di reclusione per il fallimento da 24 milioni di euro relativo alla Fin.Ma.Vi. Due giorni dopo viene arrestato per reati finanziari e bancarotta fraudolenta: deve scontare una pena di otto anni, cinque mesi e 26 giorni di reclusione. Pochi giorni dopo scoppia l’emergenza da Covid e visto il precario stato di salute a Vittorio Cecchi Gori il giudice di Sorveglianza applica gli arresti domiciliari.