PERTH - Lo scorso settembre, il ministro per le Risorse energetiche, Chris Bowen, aveva approvato un’area di circa 4mila chilometri quadrati per il progetto, invitando le aziende a richiedere licenze di fattibilità. Tuttavia, la scadenza per le richieste, già posticipata due volte, è fissata al 30 gennaio, e nessuna richiesta è finora pervenuta alimentando dubbi sull’interesse delle aziende.

Oceanex Energy ha confermato il ritiro dal progetto, attribuendo la decisione ai ritardi accumulati nei progetti sulla costa orientale. Anche il colosso tedesco Skyborn Renewables ha deciso di abbandonare l’Australia, mentre Alinta Energy, controllata da Hong Kong, ha comunicato che non intende più richiedere la licenza.

Altre aziende, tra cui Copenhagen Energy e Ocean Winds, non hanno ancora chiarito le loro intenzioni.

Secondo Andy Evans, presidente di Oceanex, i lunghi tempi di approvazione regolatoria e la complessità burocratica hanno rallentato il settore delle energie rinnovabili, in particolare per i progetti offshore. “La lentezza uccide i progetti”, ha dichiarato.

Tony Wood, direttore del programma energia e cambiamenti climatici del Grattan Institute, ha sottolineato come le sovrapposizioni tra giurisdizioni statali e federali complichino ulteriormente lo sviluppo. Wood ha invitato i governi a “semplificare le normative”, riferendosi al “green tape” per accelerare i tempi di approvazione.

Nonostante le difficoltà, Evans crede ancora nel potenziale dell’eolico offshore in Australia. “Geographe Bay rimane un’opportunità incredibile”, ha affermato, evidenziando anche il valore delle competenze locali.

Il governo Albanese ha ribadito il suo impegno a sviluppare l’industria dell’eolico offshore, ma le sfide regolatorie e i costi in costante aumento si stanno confermando ostacoli insormontabili.