SEUL - L’arresto del presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol, riportato dall’agenzia dell’anticorruzione (Cio) di Seul, ha reso il politico il primo presidente in carica - sia pure sospeso dalle sue funzioni a causa della procedura di impeachment in corso - nella storia della Corea del Sud a finire in manette.  

Yoon, sotto impeachment per la breve imposizione della legge marziale del 3 dicembre, si è rifiutato di testimoniare negli interrogatori avuti all’agenzia dell’anticorruzione (Cio), subito dopo essere stato arrestato dalla polizia. È quanto riferito da Yonhap.

Nella notte gli agenti sono entrati nella residenza di Yoon, dopo che il presidente deposto aveva finalmente accettato di presentarsi alle autorità per farsi interrogare. 

Gli investigatori, dopo lunghi negoziati, sono riusciti al loro secondo tentativo ad arrestare Yoon nella sua residenza: il mandato di cattura “è stato eseguito alle 10:33”, ha riferito l’Ufficio d’indagine sulla corruzione per funzionari di alto rango (Cio), l’anticorruzione di Seul, escludendo qualsiasi ipotesi di comparizione volontaria.

Le riprese in diretta tv trasmesse anche in streaming hanno mostrato un convoglio di veicoli, tra bus e auto della polizia, mentre lasciava il complesso della residenza presidenziale nel centro della capitale sudcoreana per dirigersi verso la sede del Cio di Gwacheon, a sud di Seul. 

L’anticorruzione, inoltre, non ha segnalato alcun confronto fisico, a differenza di quanto accaduto nel primo tentativo di arresto del 3 gennaio, nel mezzo della mobilitazione di circa 3.000 agenti, parte di un’operazione che ha tenuto conto dei possibili scontri tra oppositori e sostenitori di Yoon.  

La polizia, tra l’altro, ha usato la forza per farsi largo tra la folla formatasi di fronte alla residenza presidenziale e per rimuovere le barricate che hanno trasformato la residenza in una sorta di bunker negli ultimi giorni, con tanto di filo spinato piazzato sui muri. Il precedente tentativo del Cio di arresto era fallito dopo uno scontro di sei ore con le guardie di sicurezza presidenziali, nel mezzo di tensioni e di timori per un potenziale conflitto armato. 

Yoon Suk-yeol, sotto impeachment per sovversione e abuso d’ufficio, aveva affermato di aver accettato e deciso di sottoporsi agli interrogatori dell’anticorruzione sulla breve imposizione della legge marziale del 3 dicembre al fine di evitare “spargimenti di sangue”. A dispetto delle “numerose illegalità contestate all’inchiesta, ho deciso di rispondere all’ufficio investigativo sulla corruzione”, ha detto Yoon in un messaggio video preregistrato, ribadendo di non accettare “la legalità dell’inchiesta” e precisando che si stava adeguando “per impedire qualsiasi sfortunato spargimento di sangue”. 

Il governo di Tokyo monitora gli sviluppi in Corea del Sud con “particolare e grave” preoccupazione, in seguito alla detenzione del presidente Yoon Suk-Yyeol per aver dichiarato la legge marziale lo scorso dicembre. Lo ha dichiarato il segretario di gabinetto giapponese Yoshimasa Hayashi durante una conferenza stampa, aggiungendo che “l’importanza delle relazioni bilaterali rimane invariata nonostante gli ultimi sviluppi, e il Giappone continuerà a comunicare in modo stretto con il Paese vicino”. 

Lo stesso premier giapponese Shigeru Ishiba, insediatosi lo scorso ottobre, aveva precedentemente espresso la speranza che si possa mantenere l’identico slancio che è servito a migliorare i legami, da quando Yoon è diventato presidente nel 2022. Entrambe le nazioni sono alleate degli Stati Uniti e la cooperazione a tre ha assunto maggiore importanza di fronte a quello che viene percepito da Washington come il temuto espansionismo della Cina nella regione dell’Asia Pacifico, oltre allo sviluppo nucleare e missilistico della Corea del Nord. 

A inizio settimana il ministro degli Esteri giapponese Takeshi Iwaya e il suo omologo sudcoreano, Cho Tae Yul, hanno sottolineato l’importanza dei legami bilaterali nonostante l’incertezza causata dall’impeachment di Yoon il mese scorso. Nel 2025 ricorre il sessantesimo anniversario della normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra Tokyo e Seul, a lungo irte di difficoltà a causa dell’interpretazione storica derivante dal dominio coloniale del Giappone sulla penisola coreana, tra il 1910 il 1945.