In vista delle cinque suppletive del 28 luglio e delle prossime elezioni federali, entrambi gli schieramenti promettono di battersi per ‘l’australiano medio’. Ma è su chi sia ‘l’australiano medio’ che il dibattito diventa infuocato.

Da una parte, il governo liberale ha promesso che a beneficiare dei tagli fiscali proposti nel budget presentato a inizio di questo mese saranno soprattutto i “redditi medi”. La proposta avanzata da Scott Morrison è divisa in più fasi, per il valore di $144 miliardi di dollari nell’arco di un decennio. La prima, che dovrebbe partire già dal 1° luglio, prevede sconti fiscali fino a $530 dollari per 10 milioni di lavoratori con redditi annui tra i 48.000 e i 90.000 dollari, la stessa fascia fiscale a cui si rivolge la proposta laburista da 74 miliardi che però punta a sgravi quasi doppi fino alla cifra di $928 pro capite. La seconda e terza fase consisterebbero nell’eliminazione dell’aliquota del 37%,con quella del 32,5% che andrebbe prima a coprire i redditi dai 41mila ai 120mila dollari e successivamente quelli fino ai 200mila. Non proprio quello che si dice un ‘reddito basso’...

Il ragionamento del governo, però, è che, con l’aumento dei salari, lo stipendio medio, che oggi è di $84.600 all’anno, tra dieci anni sarà di $120.000. Per quando scatterà la terza fase, quindi, quei salari saranno appannaggio della classe media e avranno diritto di essere tassati come tali.

La promessa di aiutare ‘l’australiano medio’ si basa quindi su stime a lungo termine. Stime che però, alla luce degli ultimi dati sulla crescita dei salari, appaiono decisamente ottimiste.

Nelle scorse settimane, infatti, l’Ufficio di statistica australiano (ABS) ha rivelato che la crescita salariale in Australia continua a essere debole, soprattutto per i lavoratori del settore privato, segnando appena un +0,47% sul trimestre precedente, invece dello 0,6% che era nelle (comunque non rosee) aspettative. Nell’ultimo anno, i salari del settore privato sono cresciuti dell’1,92%, al passo con l’inflazione nello stesso periodo, il che, per la maggior parte dei lavoratori, significa non essersi ritrovati niente di aggiuntivo in tasca.

Già nei giorni scorsi il portavoce al Tesoro laburista, Chris Bowen, si era detto preoccupato che le ultime fasi della proposta della Coalizione possano beneficiare più che altro le fasce benestanti. Nel fine settimana, durante il congresso del partito laburista del Victoria, il leader dell’opposizione Bill Shorten ha rincarato la dose, parlando di una società sempre più ineguale dopo cinque anni di governi conservatori. “Viviamo ora in un Paese dove chi ha beni, proprietà e ricchezze sta molto bene, ma coloro che vivono dei loro stipendi, tassati in busta paga, se la passano sempre peggio” ha detto, confermando che non darà il suo appoggio al pacchetto completo degli sgravi fiscali contenuti nel budget, ma metterà nel proprio programma elettorale un pacchetto di sollievo fiscale diretto ai redditi medio-bassi.

Alla presenza di 700 tesserati laburisti nel complesso di Moonee Valley Racecourse, tra cui centinaia appartenenti alle sigle sindacali, Shorten ha affermato che gli australiani medi non hanno beneficiato della recente crescita economica a causa dei tentativi dei governi Abbott e Turnbull di indebolire i sindacati e si è poi detto pronto ad affrontare le sfide del ‘super sabato’ elettorale del 28 luglio, pur criticando aspramente la scelta della data, la stessa per cui era stato fissato il congresso nazionale del partito laburista.

L’influenza dei sindacati si è fatta sentire nell’arco di tutto il congresso. Addirittura, una mozione del segretario statale del CFMEU, John Setka, ha chiesto che il governo Andrews si accerti che il proprio staff ministeriale sia iscritto ai relativi sindacati nonché al partito laburista, per prevenire l’insorgere di “sentimenti anti-sindacali” al suo interno.

È sempre ad opera di due potenti sigle sindacali, AWU e CFMEU, che la mozione proposta dalla sinistra del partito per chiedere la chiusura dei centri di detenzione extraterritoriali e i centri di transito su Manus Island e Nauru entro i primi 90 giorni di un futuro governo Shorten è stata posticipata per mettere a tacere un dibattito potenzialmente molto divisivo sulla questione.

Bill Shorten ha dichiarato che un governo laburista continuerà ad applicare la politica ‘stop the boats’. “Il governo vorrebbe far credere che ci sarà un altro tipo di politica, ma non ci sarà. Sono deciso a far sì che gli sbarchi non riprendano” ha detto, aggiungendo senza fornire ulteriori dettagli che “non per questo crediamo che si debbano lasciare persone in stato di detenzione semi-permanente per cinque anni”.

Membri della sinistra del partito, come Pauline Brown di Labor for Refugees e la neo-eletta Ged Kearney, che ha usato il suo primo discorso in parlamento per chiedere lo stop del regime di detenzione extraterritoriale a tempo indeterminato, si sono detti estremamente delusi per la sospensione della mozione e hanno incolpato la “strana alleanza” tra sindacati di destra e di sinistra che hanno votato compatti.

Le divergenze sulla questione dei rifugiati, ben visibili nonostante non si sia data al dibattito occasione di ‘esplodere’, sono state prese di mira dalla Coalizione che ha subito parlato di partito laburista “diviso”: “Non sono impegnati a mantenere l’attuale regime di protezione dei confini” ha accusato il ministro della Salute Greg Hunt ieri a Insiders.

Nessuna delle decisioni votate in seno al congresso statale laburista dello scorso fine settimana sarebbe comunque stata vincolante. Le politiche di partito vengono decise nel congresso nazionale che è stato rimandato a causa delle cinque elezioni suppletive in Western Australia, Queensland, Tasmania e South Australia che cadono nello stesso giorno.

Il congresso a Moonee Ponds è stato però l’occasione per il premier del Victoria Daniel Andrews di annunciare la decisione di stabilire severissime pene per i datori di lavoro che non pagano i propri dipendenti quanto dovrebbero, nel caso il partito laburista venisse rieletto nelle elezioni statali del prossimo novembre. I datori di lavoro colpevoli rischieranno fino a 10 anni di reclusione e multe fino a $950.000. La procedura per i lavoratori che vogliono recuperare i salari persi verrà inoltre velocizzata e le spese legali diminuite. “Dai convenience store ai celebrity chef, coloro che deliberatamente e disonestamente non pagano i propri lavoratori quanto previsto dalla legge e li privano dei loro diritti finiranno in carcere” ha detto Andrews, applaudito dai sindacati del settore.