Il mondo del vino è tanto bello, quanto vario. Ci sono professionisti di settore che si appassionano a un determinato lato, o aspetto, come quello legato alla produzione; ci sono altri poi che preferiscono dedicarsi completamente alla parte legata al servizio, preferendo maneggiare tovaglioli bianchi e cavatappi, piuttosto che sporcarsi le mani con la terra e il mosto. E c’è poi chi si innamora di ogni aspetto dell’universo vinicolo, dalla coltivazione alla produzione, fino alla vendita e al servizio al pubblico.
Nonostante la giovane età, Piero Fonseca, fondatore dell’azienda di distribuzione di vini The Standard Wine Co., è un professionista poliedrico e preparatissimo. Figlio di Alessandro Fonseca, agronomo fiorentino e proprietario della storica azienda vinicola Fattoria di Petreto, ancora oggi molto conosciuta e rispettata, soprattutto per i suoi vini bianchi e i suoi muffati nobili da uve Semillon e Sauvignon Blanc, Piero nasce e cresce tra i filari di uva che si snodano lungo la valle del fiume Arno, a pochi chilometri di distanza dalla città d’arte per eccellenza, Firenze.
“L’azienda è nelle mani della mia famiglia sin dal 1871”, ci spiega Fonseca, riflettendo sulla ricca storia della cantina, una delle primissime a produrre un vino tanto particolare, quanto innovativo, in una Toscana di inizio anni ‘90 dove ancora si cercava di dare un’identità concreta al vino Chianti.
Fonseca ricorda con piacere i primi passi mossi in vigna da bambino, per pura curiosità, fino all’età adolescenziale, una fase durante la quale aiuta il padre nelle mansioni della vendemmia annuale. “Un periodo che mi è sempre piaciuto da morire, al di là della sveglia nelle prime ore della mattina, poiché l’uva è bene raccoglierla quando è fresca e pimpante. È sempre stato incredibilmente bello quando ci riunivamo tutti intorno al tavolo a mezzogiorno, subito dopo la vendemmia, per condividere storie e cibo”.
All’età di 18 anni, ha poi modo di assistere il padre sia nella parte produttiva, in cantina, sia in quella commerciale, quando gli viene offerta la possibilità di viaggiare per l’Europa, con lo scopo di rappresentare i vini di famiglia alle varie fiere ed eventi di settore.
“Grazie a mio padre, ho partecipato a molti eventi degustativi, assaggiando una miriade di grandissimi vini. Sono fortunato ad aver ricevuto questa notevole ‘infarinatura’ generale sulla produzione e commercio del vino. Però, avevo capito che non volevo seguire le sue orme”.
Da sempre un appassionato di romanzi gialli e influenzato dalla madre laureata in Giurisprudenza, Fonseca si laurea quindi in Diritto penale nel 2012, con l’idea fissa di diventare commissario di Polizia. “Era aprile e le iscrizioni per il corso non cominciavano fino a gennaio dell’anno successivo; quindi, avevo quei tanti mesi di pausa. Ho allora proposto a un carissimo amico di Firenze, che si era laureato con me, di fare una vacanza studio-lavoro in Asia e Australia”.
Una volta a Sydney, Fonseca trova subito un impiego presso la rinomata Osteria Balla di Stefano Manfredi. Lì, ha modo di reinventarsi come sommelier, appassionandosi sin da subito al servizio del vino e al suo abbinamento con il cibo, grazie anche al coinvolgente capo sommelier Fabio Danzi, fiorentino come lui, a oggi ancora grande amico di Fonseca.
Una volta ottenuta la residenza permanente, nonostante il grande amore nutrito nei confronti della sommellerie, un po’ per caso e un po’ per la sua predisposizione familiare, Fonseca decide di appendere il grembiule e tornare al commercio dei vini. Approcciato da un conosciuto distributore di vino e cibo italiano di Sydney, gli viene proposto di seguire la parte legata al vino e ai distillati.
Quando gli chiedo quali siano i pro e i contro del lavorare dietro le quinte, anziché con il pubblico, Fonseca offre una risposta semplice, ma sincera: “Lavorare come sommelier è più facile. La parte del servizio al pubblico, gli abbinamenti, il rapporto che si crea con la clientela: è divertente e stimolante. Il mestiere di commerciante di vino è senza dubbio bellissimo, perché c’è la costante scoperta di nuove cantine, nuovi prodotti, e ti permette di lavorare tra l’Italia e l’Australia. Ma c’è poi tutta la parte della gestione aziendale, c’è da stare dietro ai trasporti intercontinentali, che sono sempre complicati. Ci sono quindi una serie di cose in più a cui tener conto, oltre a uno staff di cui prendersi cura. Va ben oltre il servizio del vino in sé e per sé, ma dà altri tipi di soddisfazioni”.
The Standard Wine Co. prende forma solo durante il periodo della crisi pandemica, nascendo su delle fondamenta già ben solide di un business navigato.
Oggi, Fonseca, che è anche recentemente diventato papà, si divide tra due continenti, continuando a rappresentare l’azienda di famiglia nel suo portfolio di produttori e volgendo lo sguardo anche ad altre realtà vinicole italiane e internazionali. Ogni tanto, però, non nega di sentire quella voglia irrefrenabile di riprendere il grembiule e il cavatappi in mano. E la Toscana? “Faccio fatica a rispondere. Dico che casa, per me, è ancora l’Italia. Faccio un po’ fatica a chiamare casa l’Australia, nonostante sia sicuramente un posto che mi ha accolto e dove sto benissimo. Però, mai dire mai”.
2024 Fiegl Villa Dugo Pinot Grigio, DOC Friuli Isonzo 
All’occhio presenta un colore giallo paglierino brillante. Al naso, delicati sentori di limone, pompelmo rosa, pera Williams, mela Granny-Smith, gelsomino e un richiamo di erba appena tagliata. In bocca, il vino si offre abbastanza caldo, con una spiccata freschezza e piacevolezza, ulteriormente agevolata da quel richiamo succoso di pompelmo, bilanciato dalla nota agrumata di limone. La marcata nota degustativa di nettarina a polpa bianca fa da padrona in chiusura, lasciando un finale di bocca fresco e pulito.
Un vino bianco che è senza dubbio piacevole e di pronta beva, con una spiccata e gradevole nota sapida e aggrumante.
Secondo Piero Fonseca, queste caratteristiche organolettiche lo rendono particolarmente adatto a essere accompagnato a un crudo di kingfish rifinito con un filo di buon olio d’oliva italiano. Personalmente, lo gradisco anche con una frittata di erbe di campo o con un classico triestino, il prosciutto cotto in crosta di pane.