Avrebbe riportato Molière e L’Opera del mendicante di John Gay a teatro. L’aveva annunciato proprio qualche mese fa, in un’intervista con Il Corriere della Sera, pronto con la nuova stagione del Globe Theatre di Roma. Gigi Proietti si è spento all’improvviso, in una clinica a Roma, proprio nel giorno del suo 80esimo compleanno. Lui che ha sempre ironizzato sulla sua data di nascita: “Che dobbiamo fa’? La data è quella che è, il 2 novembre”.
Il popolare attore capitolino, anima del teatro italiano, talento incomparabile – avvolto dalla sua irrefrenabile comicità, l’autoironia e il cinismo tipico delle sue origini romane – è scomparso a seguito di gravi difficoltà cardiache, dopo essere stato ricoverato in terapia intensiva circa quindici giorni fa.
Eclettico, geniale, istrionico, Proietti ha vissuto ben 55 anni della sua vita sul palcoscenico, attraversando i decenni più straordinari della storia cinematografica e televisiva d’Italia; ha prestato la sua voce a De Niro, Hoffman, Brando e Stallone, e l’abbiamo amato di recente anche nel ruolo di Mangiafuoco nel Pinocchio di Matteo Garrone.
Eppure, come spesso accade con i più grandi, ha sempre raccontato come la recitazione gli fosse capitata un po’ “per caso”: l’iscrizione al Centro Teatro Ateneo l’aveva accolto improvvisamente in quel mondo educato, di gestualità e assi di legno.
Nei suoi primi anni artistici, si divide tra lezioni di diritto – la facoltà di giurisprudenza la abbandonerà poco prima della laurea –, classi di teatro e serate a suonare nei locali; fin da bambino, infatti, suona chitarra, piano, fisarmonica e contrabbasso. Dopo qualche ruolo da comparsa e alcuni parti minori, nel 1968 esordisce ne L’Urlo di Tinto Brass, presentato anche al Festival di Cannes. Nel frattempo, recita nella fiction per la televisione, I grandi camaleonti diretto da Edmo Fenoglio.
La grande occasione arriva però nel 1970 quando sostituisce Domenico Modugno, accanto a Renato Rascel, nel musical Alleluja brava gente di Garinei e Giovannini. Da allora, è interprete e autore di grandi successi teatrali, tra i quali Caro Petrolini, Cyrano, I sette re di Roma. Nel 1976 stringe un sodalizio con lo scrittore Roberto Lerici, insieme al quale scrive e dirige spettacoli che sono rimasti nella storia: A me gli occhi, please è un trionfo, ad esempio. Lo riporta in scena nel 1993, nel 1996 e nel 2000: “Ringraziamo Iddio, noi attori abbiamo il privilegio di poter continuare i nostri giochi d’infanzia fino alla morte, che nel teatro si replicano tutte le sere – aveva confessato Proietti –. Non ho rimpianti, rifarei tutto, anche quello che non è andato bene”.
Nel 1996 è protagonista della serie record d’ascolto Il maresciallo Rocca, nel ruolo di un carabiniere, padre di quattro figli, che tutti gli italiani hanno amato, eppure è il teatro il suo migliore amico e nel 2003 fa rivivere Shakespeare al Globe Theatre di Roma, incoraggiando gli attori più giovani – tra i suoi allievi anche Flavio Insinna, Giorgio Tirabassi, per citarne alcuni. Al doppiaggio, presta la voce a Gatto Silvestro, in coppia con Loretta Goggi che è il canarino Titti, e poi grida quel celebre “Adrianaaa”, nel primo Rocky.
La scena epica ne La Signora delle Camelie
Lo scorso marzo, di fronte all’emergenza sanitaria globale, aveva invitato la classe politica italiana ad abbandonare le sue usuali e sterili provocazioni: “Invece di litiga’ dobbiamo ragiona’. Le polemiche tra i politici sono assolutamente dannose. Io amo la politica, ma questa non è politica”, aveva dichiarato l’attore, raccontando poi, dei suoi giorni d’isolamento nella casa a Roma.
Oggi però ci lascia e raccogliamo in eredità uno dei frammenti più autentici della storia artistica dell’Italia moderna. Fu proprio lui a rendere celebre la canzone Ho detto al sole di Ettore Petrolini, ‘Son contento di morire, ma mi dispiace, mi dispiace di morire, ma son contento’. Oggi, forse, la canticchieremo, guardando al cielo, e poi proveremo a godere di nuovo della sua scena più epica a teatro ne La Signora delle Camelie, ridendo insieme a lui, come ci ha abituati, da sempre.