Addio a Vito Chimenti, l’ex attaccante di serie A si è sentito male negli spogliatoi del campo sportivo di Pomarico (Matera). Aveva 69 anni. Il malore prima della partita di Eccellenza lucana Pomarico-Real Senise, che poi non è stata disputata. Chimenti, che era allenatore della squadra giovanile del Pomarico, è stato soccorso dagli operatori del 118, che hanno a lungo tentato di rianimarlo, ma senza successo. Nato a Bari nel 1953, Chimenti ha giocato in Serie A, B e C con Pistoiese, Catanzaro, Palermo (29 reti in due stagioni), Taranto, Salernitana e Lecco. Diventato allenatore, ha fatto parte dello staff tecnico di Salernitana, Foggia, Messina, Matera, Lanciano, Rimini e Virtus Casarano. In tutto ha collezionato 77 presenze e 13 gol in serie A.
Famoso, in particolare, per uno dei numeri sul campo per cui veniva spesso ricordato, la cosiddetta “bicicletta”, ovvero quel particolare tipo di dribbling con cui dribblava gli avversari che provavano a fermare la sua corsa verso la porta avversaria, alzando il pallone con il tacco e mandandolo sopra la sua testa, per ritrovarselo poi davanti al corpo, nel calcio di oggi, con il suo talento Chimenti sarebbe rimasto in una piccola squadra per una stagione. al massimo due. Chimenti continuava a ricevere offerte di diverse migliaia di lire per bucare le reti rivali in cerca di qualcosa di più dell’orgoglio di un popolo, eppure decise di rimanere in provincia. Perché c’è stato un tempo in cui i cosiddetti bomber di razza italiani rimanevano nei loro modesti club. E sono diventati delle leggende di provincia.
Vito Chimenti incarnava il tipo di attaccante che ha avuto un impatto considerevole a livello locale. In provincia sono nate le leggende di compagini come Avellino, Catanzaro, Pistoiese, Taranto e Messina. I tempi di Massimo Palanca, Ezio Vendrame, poeta e artista più che calciatore, o Gianfranco Zigoni che si era guadagnato una reputazione di eccentrico ribelle per il suo amore per le donne, l’alcol e il ruggito dei motori delle auto di lusso. Questo tipo di giocatori è rimasto nell’immaginario collettivo grazie alle figurine Panini, negli anni ‘70 quando le tv non avevano ancora preso il sopravvento.