BUENOS AIRES – Nuove regole per l’iscrizione all’Aire (Anagrafe italiani residenti all’estero), a cui sono obbligati tutti coloro che si trasferiscono fuori dall’Italia per almeno 12 mesi.
Si tratta di un registro, gestito dal Consolato di riferimento, che permette di aggiornare l’anagrafe, la residenza fiscale (per sapere dove pagare le tasse), l’iscrizione alle liste elettorali e al Servizio sanitario nazionale.
Molti italiani espatriati finora hanno disatteso l’obbligo, anche perché questo – di fatto – non comportava nessuna sanzione.
Dal 2024, però, è prevista una sanzione fino a 1.000 euro per ogni anno di mancata iscrizione, fino a un massimo di 5 anni.
Significa che se una persona vive all’estero da 9 anni, gli anni sanzionabili restano comunque 5.
Inoltre, l’iscrizione è personale e non del nucleo familiare, quindi la multa sarà applicata a ogni componente, minori compresi, per i quali ovviamente sono responsabili i genitori.
La verifica verrà effettuata dall’ultimo Comune di residenza del cittadino.
“È una novità prevista dalla Finanziaria, diretta agli italiani nati in Italia che si trasferiscono all’estero – spiega il deputato Franco Tirelli (Maie) –. Molti finora non rinunciavano alla residenza italiana per ragioni fiscali o amministrative. Questa omissione crea però problemi ai Comuni e da qui nasce l’obbligo di iscriversi e regolarizzarsi”.
La mancata comunicazione all’Aire è spesso dettata dalla volontà di non perdere l’iscrizione al servizio sanitario e il medico di base. Per chi torna per una vacanza o per ragioni familiari, è possibile riattivare l’iscrizione in modo temporaneo, ma solo per le emergenze al Pronto Soccorso e per un massimo di 90 giorni.
L’iscrizione all’Aire serve anche a votare nelle circoscrizioni estere, senza essere costretti a rientrare in Italia, a rinnovare il passaporto al consolato di riferimento e a pagare le tasse nel paese di residenza effettiva.
A questo proposito, però, persistono aree di incertezza dal momento che per l’Agenzia delle Entrate italiana fa fede il cosiddetto centro degli interessi, ossia il luogo dove la persona mantiene le proprie attività, gli affari e gli interessi personali.
Un professionista che risiede in Argentina ma effettua consulenze con ditte italiane, per esempio, potrebbe essere conteso dal fisco italiano e da quello argentino pur essendo iscritto all’Aire.
Per evitare questo inconveniente, di solito, si chiede all’Afip (l’agenzia tributaria argentina) un tax form, un documento il cui rilascio richiede mesi e innumerevoli tentativi, per la grande quantità di richiesti, spesso in modo arbitrario. Basta che ne manchi uno per dover ricominciare da capo la trafila. Nel frattempo passano uno o due mesi e nuovi documenti si sommano alla lista di quelli necessari.
È critica sulle nuove regole Maria Rosa Arona, responsabile dell’ufficio di Buenos Aires dell’Inca (il patronato legato alla Cgil).
“Siamo in attesa delle indicazioni del Consolato – dice –. Le sanzioni sarebbero giustificate se lo Stato italiano fosse efficiente e sollecito nel procedere all’iscrizione. Ma il sistema è lento, prevede continui scambi di comunicazioni tra Consolato e Comune italiano”.
A volte passano molti mesi dal momento della richiesta all’effettiva iscrizione. E tutto questo si traduce in un’incertezza per il cittadino.
“In Consolato sono oberati di lavoro – continua Arona –. La situazione dei Comuni è a macchia di leopardo. Alcuni hanno politiche per i concittadini all’estero e sono più efficienti. Così lo Stato scarica sui cittadini gli oneri della propria inadempienza”.