MILANO - La prima volta fu il 21 luglio 2010, anche se doveva essere il 20. Il giorno prima, però, di fronte alla platea di giornalisti nella sala stampa di Milanello, parlò soltanto Silvio Berlusconi, cosa che costrinse l’ufficio stampa a dare appuntamento a tutti per il giorno successivo. 5465 giorni dopo Massimiliano Allegri è tornato a sedersi al tavolo delle conferenze, questa volta a Casa Milan (che allora non esisteva ancora, perché la sede era in via Turati), segno che di cose ne sono successe parecchie.

Lui dice di essere cambiato (“Ho meno capelli”), anche se poi a sentirlo parlare i concetti sono quelli che da sempre porta avanti per plasmare le sue squadre.

Le parole più usate sono “lavoro”, “professionalità”, “responsabilità” e “blocco unico”, per definire le caratteristiche di ciò che vuole costruire, mettendo definitivamente alle spalle una delle annate più deludenti della storia recente rossonera: “Per quanto riguarda quello che è successo fino a un mese fa non posso dirlo e non lo so - ha detto Allegri -. Ho trovato una società con chiarezza nei ruoli che è la cosa più importante: è importante che tutti andiamo in un’unica direzione. Questo blocco, che deve esserci dalla proprietà fino ai magazzinieri, dovrà essere un blocco unico per mettere i calciatori nelle condizioni migliori di fare quello che devono fare, cioè farci vincere le partite”.

Perché Allegri è ancora questo, concreto e senza troppi fronzoli. Stupisce, semmai, quando dice che “il calcio è difficile”, non tanto nelle dinamiche (“Quando hai la palla devi attaccare e fare gol, quando non ce l’hai devi difendere e non prenderne”), quanto nell’interpretazione di ciò che accade in determinate stagioni: “C’è un esempio banale - ha raccontato -: guardavo la Serie B, lo Spezia ha giocato i play-off con un solo giocatore differente rispetto alla squadra che l’anno prima aveva giocato i play-out. Non sta a me dire cosa non è andato l’anno scorso, oggi inizia una nuova stagione e bisogna concentrarci su questo. Devo prendere il buono dell’anno scorso: il valore della squadra c’è, la rosa è ottima. Sta a me farli rendere al meglio”.

Con un obiettivo chiaro in testa: “Il primo obiettivo è che il Milan torni a giocare la Champions. I primi sei mesi sono importanti per creare le migliori condizioni per arrivare a marzo, dove si decidono le stagioni”.

Non cade nel tranello di pronunciare la parola scudetto (“Quella serve più a voi per scrivere”), non cerca particolari rivincite (“La Juventus posso solo che ringraziarla per l’opportunità che mi ha dato”), e quando si parla del suo ormai proverbiale calcio di corto muso dribbla elegantemente: “Non c’entra il corto muso. Non sono stanco di sentir dire che gioco male, è un divertimento, è il gioco delle parti, mi diverto molto e ci gioco sopra. L’importante è il risultato. Se vinci sei un bravo ragazzo, se perdi...L’obiettivo di tutti è di lavorare bene, partire bene e riportare il Milan in Champions. È l’obiettivo che bisogna avere tutti in testa, possiamo arrivarci solo col lavoro quotidiano di ogni singolo, e il primo sono io. Sono molto fiducioso”.

Accanto a lui il neo ds Igli Tare, che ha spiegato i motivi della scelta di Allegri (“In lui abbiamo visto una figura in grado di portare grande esperienza e mentalità, è stata una scelta condivisa con la società”) prima di dedicare poche parole a quello che è l’obiettivo di mercato numero uno, ovvero Jashari, per il quale il Milan resta in attesa di una risposta da parte del Club Brugge: “Posso dire che il ragazzo vuole giocare per noi, però dobbiamo rispettare le dinamiche e le scelte del Brugge. Riteniamo di aver fatto l’offerta giusta e mi auguro che questa vicenda possa chiudersi nel migliore dei modi”.

Nel frattempo, Allegri riparte dalle certezze: da Leao (“Farà una grande stagione. Ci credo, sono convinto. Va verso l’età della maturazione, penso che sia più responsabile, l’ho incontrato stamattina e ci ho parlato. Credo ci siano tutti i presupposti per fare bene”) a Maignan (“Sono molto contento che abbia scelto di rimanere. È il capitano della squadra, un giocatore internazionale, uno dei migliori al mondo”), in attesa di Modric (“Un giocatore importante e straordinario”) e magari di Vlahovic (“È un ragazzo straordinario”), ma senza più Hernandez (“Ha fatto una scelta diversa, è un grandissimo giocatore e gli auguro le migliori fortune”), da oggi all’Al-Hilal. Per riuscire a fare ciò che più conta: “Divertirsi, con grinta, vincendo”. L’Allegri 2.0 è carico, sorride, saluta e se ne va a Milanello. Di nuovo casa sua.