ROMA - Un filo conduttore lega il Mundial di Spagna ‘82 alla Hall of Fame del calcio italiano, che con l’ingresso di Alessandro Altobelli va ad accogliere un altro dei protagonisti di quell’indimenticabile Mondiale. Da Giuseppe Bergomi ad Antonio Cabrini, da Marco Tardelli a Paolo Rossi, passando per Dino Zoff, Giancarlo Antognoni, Gabriele Oriali ed Enzo Bearzot, “Spillo” ritrova tanti compagni dell’avventura più emozionante della sua carriera: “Ricevere questo premio - esordisce - è una bella sorpresa e una grande soddisfazione. Non è da tutti entrare a far parte della storia del calcio italiano, servono sacrifici e bisogna farsi trovare pronti nei momenti cruciali. Devo ringraziare tutti i compagni di squadra dell’Inter e tutti i grandi campioni con cui ho avuto la fortuna di giocare in Nazionale”.

Al sesto posto dei cannonieri azzurri di tutti i tempi in compagnia di Adolfo Baloncieri e Filippo Inzaghi, delle 25 reti realizzate in Nazionale (“ma in realtà sono 28, in Messico prima del Mondiale segnai una tripletta contro il Guadalajara, solo che non fu considerata una gara ufficiale”) ce ne è una che ogni italiano dai 50 anni in su non può dimenticare. E’ il terzo gol nella finalissima con la Germania, quello della definitiva presa di coscienza che di lì a poco l’Italia avrebbe alzato al cielo la sua terza Coppa del Mondo. E pensare che quella partita Altobelli l’aveva iniziata dalla panchina, poi l’infortunio occorso a Francesco Graziani nei primi minuti di gioco lo catapultò in un attimo sul campo del Santiago Bernabeu:

“Avevo giocato una ventina di minuti anche in semifinale perché Ciccio si era fatto male - ricorda - quando ho visto che in finale è caduto a terra e si teneva la spalla mi sono immediatamente tolto la tuta, non ho dato a Bearzot nemmeno il tempo di ragionare. Cercavo quel gol, ero sicuro dei miei mezzi ed ero in forma. Quando ho segnato ho solo pensato che avevamo chiuso la partita, che come disse il presidente Sandro Pertini in tribuna ormai non ci avrebbero preso più. Solo più tardi, a mente fredda, ho realizzato davvero cosa avevo fatto, anzi cosa avevamo fatto”.

Parla al plurale Altobelli, perché in quella Nazionale l’amicizia veniva prima di tutto, anche di una rivalità per una maglia da titolare che di fatto non è mai esistita: “Nelle prime partite, quando non riusciva a segnare, tutti attaccavano Paolo Rossi. Io sapevo che non avrei mai giocato perché Bearzot era calcisticamente innamorato di lui. Gli dicevo ‘Paolo, stai tranquillo, vedrai che il gol arriverà’. Ne sono arrivati tre tutti insieme e non si è più fermato. Ci ha fatto vincere il Mondiale, dando ragione a Bearzot e a noi compagni di squadra, che lo abbiamo aiutato in tutti i modi”.

Centravanti completo, dotato di un’ottima tecnica di base e forte nel gioco aereo, ha sempre avuto un particolare feeling con la porta, pur non riuscendo mai a vincere la classifica dei marcatori della Serie A. Il suo nome è legato indissolubilmente all’Inter, dove tra il 1977 e il 1988 ha collezionato 466 presenze, realizzando ben 209 reti e vincendo uno scudetto e due coppe Italia: “Dopo il secondo anno a Brescia mi volevano tutti: Milan, Juventus, Inter. La fortuna volle che il presidente del Brescia era Francesco Saleri, tifosissimo dell’Inter. Fu lui ad accompagnarmi a Milano per la firma”.

Altobelli è stato un bomber di razza, uno dei migliori in circolazione. Ma la concorrenza era tanta: “C’era l’imbarazzo della scelta, basti pensare che uno come Roberto Pruzzo non veniva convocato in Nazionale. Dovevo vedermela con Rossi, Graziani, Paolo Pulici, Pier Paolo Virdis: mamma mia quanti ce ne erano in Italia di attaccanti forti”. E adesso dove sono finiti i Franco Causio, i Claudio Sala? “Il calcio è cambiato. Una volta le ali e i fantasisti giocavano in funzione dell’attaccante. Oggi non c’è più nessuno che fa un assist, l’attaccante non ha più aiuti”. Dalla solitudine dei numeri primi alla solitudine dei numeri nove: “La maggior parte dei gol vengono dalle fasce, se non ci sono giocatori bravi lì ne risente anche chi deve buttare il pallone in porta”.