Nonostante ogni figlio sia unico per il proprio genitore, le aspettative di chi lascia il proprio piccolo nelle cure degli asili nido, però, sono sempre le stesse: che il bambino sia seguito con la necessaria attenzione e il rispetto. In un momento storico molto delicato per le migliaia di famiglie con figli nei centri per la prima infanzia, è facile lasciarsi tentare da pensieri subdoli e perdere la fiducia verso gli stessi centri e le istituzioni. È successo anche a me.
Ci sono ancora, però, storie positive là fuori, e professionisti dell’educazione che lavorano con passione e dedizione, riuscendo a trasformare un mestiere tanto nobile, quanto delicato, nella loro missione di vita. Angela Mammone nasce da genitori originari della Calabria. La più grande di cinque figli, già da piccola assume naturalmente quel ruolo di guida per i propri fratelli e sorelle. Cresce circondata dal calore della cultura italiana, in particolare quello della Regione di appartenenza dei genitori, e dall’affetto e vivacità dei bambini del vicinato, poiché la mamma Elisabetta offriva servizi di babysitting.
Una volta completati gli studi scolastici, trova impiego come sarta per un’azienda di abiti per bambini nella quale lavora per vent’anni. Cambia poi mestiere, iniziando a lavorare nelle cucine della Melbourne Mint. Nonostante la buona paga, la mole di lavoro cala drasticamente dopo due anni.
Persuasa dalla sorella a intraprendere una strada simile a quella della madre, e con in testa l’idea di riuscire a far combaciare il ruolo di madre per i tre piccoli bambini e un lavoro a tempo pieno, Angela decide quindi di fondare il suo Family Day Care. “Era il 10 giugno del 2000; allora avevo 36 anni e mio figlio più piccolo, appena tre. Ricordo ancora che il primo giorno preparai la pizza per tutti i bambini, poiché uno di loro celebrava il suo compleanno. Prima di allora, era sempre stato complicato mantenere l’andamento della sfera familiare e di quella professionale. Gli altri due figli già andavano a scuola e lavorare nella mia stessa casa rendeva tutto più semplice, oltre a offrire un’occasione di socializzazione per mio figlio più piccolo, che così si trovava circondato da bambini di età simile”.
I Family Day Care sono ancora una novità per molti, come Angela ci confessa. Partiti in sordina nei primi anni 2000, quando ancora venivano gestiti dai singoli Comuni, quello di Angela fu il primo di Merri-bek, allora Moreland. Gestito da un singolo educatore, l’ambiente pedagogico prende forma in un’abitazione privata che deve essere, a tutti gli effetti, a norma di legge, e in grado di accogliere bambini di età che va dai pochi mesi di vita fino agli anni della scuola elementare. “Quando iniziai, oltre a essere registrata con il Comune, tutta la famiglia ha dovuto fornire un valido certificato dei carichi pendenti e il Working With Children Check. Abbiamo poi reso ogni stanza di casa nostra accessibile e sicura. Ogni mese, un rappresentante comunale ci visitava per assicurarsi che tutto fosse a norma”.
Il mese scorso, Angela ha celebrato il 25esimo anniversario del suo Family Day Care. Riflettendo sul lungo e bellissimo percorso educativo e professionale, non può fare a meno di ricordare i primi anni, indubbiamente più impegnativi. “Avevo molti bambini e famiglie con bisogni particolari, e non sempre era così facile accontentare tutti, mentre stavo anche mandando avanti la mia giovane famiglia. Ogni giorno partivo alle 6 di mattina, qualche volta anche alle 5.30. Al tempo guidavo un minivan da sette posti. In media, ogni bambino entrava e usciva dal mio minivan 17 volte al giorno. Questo perché, in quegli anni, ancora non c’erano servizi di assistenza per il prima e dopo scuola”.
Quando il fidato minivan si rompe definitivamente, capisce che era arrivato il momento di adottare un approccio più rilassato e quindi taglia alcuni dei servizi offerti.
“Adesso mi prendo cura di quattro preschoolers, e durante le vacanze scolastiche accolgo fino a sette bambini. Alcuni sono fratelli e sorelle, e si trovano tutti a loro agio a casa mia. Molti di loro, infatti, sono cresciuti sotto la mia guida educativa; alcuni hanno addirittura iniziato quando avevano pochi mesi”.
Con questa nuova routine, Angela riesce a offrire un clima molto rilassante e flessibile, dove ogni bambino può trascorrere la giornata secondo le proprie tempistiche personali, senza essere spinto a dormire o mangiare a una predeterminata ora.
“Quando ho iniziato il mio Family Day Care, non c’era bisogno di avere una qualifica. Io però decisi di completare il Certificate 111 in Prima infanzia. Il corso includeva due settimane di tirocinio in un asilo nido. In quel breve periodo, notai che anche se c’erano tre educatori presenti in ogni classe, uno di loro era sempre impegnato con la parte amministrativa. Durante la stessa settimana, gli educatori cambiavano frequentemente e quindi i bambini si trovavano spesso di fronte volti nuovi”.
Nel contesto di un Family Day Care, l’educatore è sempre lo stesso, una cosa notevole soprattutto quando ci si prende cura di lattanti e infanti. Angela, inoltre, pone particolare enfasi sulla lingua italiana. Tante le occasioni in cui le parole, canzoni e filastrocche sono offerte in inglese e in italiano. “C’è stato un periodo in cui mi prendevo cura di bambini originari del Pakistan. Imparai delle parole chiave nella loro lingua, che registrai per memorizzare la corretta pronuncia”.
Da qualche anno, Angela collabora con un’altra educatrice, Dina Hameed, anche lei registrata alla Foundations Family Day Care come Mammone, con la quale organizza gruppi di gioco settimanali, anche per aggiungere una prospettiva sulle comunità aborigene nel programma. In questi incontri settimanali, sono tanti i progetti che coinvolgono la cultura indigena.
“Inclusione multiculturale, rispetto e armonia sono le basi del mio centro. Ogni famiglia, ogni bambino, gli altri educatori e lo staff di Foundations Family Day Care mi hanno resa l’educatrice che sono oggi. A tutti loro vanno i miei più sinceri ringraziamenti”, ci tiene a sottolineare Angela, che, ancora oggi, viene spesso chiamata “nonna” dai tanti bimbi di cui si è presa cura negli anni.