BUENOS AIRES – Daniel Barenboim, il famoso direttore d’orchestra argentino di origine ebraica, ha annunciato che soffre della malattia di Parkinson, ma che per ora non lascerà le scene e continuerà a lavorare finché sarà possibile.
Il maestro, che dirige regolarmente i Berliner Philharmoniker, i Wiener Philharmoniker e l’Orchestra filarmonica d’Israele, è stato anche direttore musicale della Scala di Milano dal 2011 al 2015.
Barenboim è molto più che un “semplice” musicista, per quanto geniale.
Nato a Buenos Aires nel 1942, a sette anni dà il suo primo concerto. Nel 1952 si trasferisce con la famiglia (di origine ebraica) in Israele. A 10 anni debutta come pianista a Vienna e Roma ed è l’inizio di una carriera che lo vede dirigere le più importanti orchestre di tutto il mondo, tra cui la Staatskapelle di Berlino, che dal 2000 lo ha nominato direttore principale a vita.
Di sé ha detto: “Ho vissuto per 5 o 6 persone, eppure oggi, mi sembra ancora poco”. All’epoca, aveva “appena” 65 anni.
Volentieri evoca la sua infanzia a Buenos Aires e la sua famiglia. Di condizione modesta, ma dove la musica non è mai mancata. I genitori erano entrambi insegnanti di pianoforte, la casa era frequentata dagli allievi, tanto che da piccolo era convinto che fosse normale suonare uno strumento. Così, per lui, la musica è sempre stata un’espressione naturale.
Eppure, sostiene da sempre, la sensibilità musicale – cioè l’inclinazione istintiva e intuitiva al suono come mezzo di espressione – non è sufficiente. Deve essere unita al pensiero. Perché in musica, dice, è impossibile provare emozioni senza comprensione intellettuale, come è impossibile essere razionali senza emozioni. Un parallelo che gli ha insegnato a collegare disciplina e passione, cervello e cuore.
La sua visione è tutt’altro che elitaria: pensa che la musica sia una compagna di vita preziosa anche per i non professionisti. E non si tratta solo del piacere di tornare a casa, dopo una dura giornata, mettere un cd e rilassarsi con Mozart.
È da sempre convinto che la musica aiuti a imparare qualcosa di sé, della società e della politica.
Il pensiero non può che andare al conflitto in Medio Oriente (che paragona alle “invenzioni a due voci” di Bach, ma anche a una coppia in crisi sulla quale tutti esprimono opinioni senza permettere ai diretti interessati di parlarsi) e al suo impegno per la pace. Che lo ha portato a fondare, con l’amico Edward Said (il grande intellettuale palestinese morto nel 2003), l’East-Western Divan, un forum dove giovani musicisti israeliani e palestinesi hanno la possibilità di studiare e suonare insieme. Sarà l’ultima cosa che lascerà, quando le sue condizioni di salute dovessero deteriorarsi in modo irreversibile.
Il suo impegno è riconosciuto a livello internazionale, tanto che è l’unica persona al mondo a possedere il doppio passaporto israeliano e palestinese (oltre che argentino e spagnolo).
Barenboim ha aperto e finanziato due asili musicali in due città-simbolo della storia contemporanea: Berlino e Ramallah (quest’ultimo grazie ai soldi del Wolf Prize, assegnato a scienziati e artisti che operano a favore dei rapporti tra i popoli). La filosofia di queste istituzioni non è, semplicemente, “fare musica”, ma educare i bambini “attraverso” la musica. E farlo in modo gioioso. Per evitare che gli alunni si allontanino dall’arte durante l’adolescenza.
Quando la vita – inevitabilmente – avanza, la musica muore, osserva. Mentre, secondo lui, dovrebbe succedere il contrario. E l’ostinazione a continuare a suonare e dirigere, malgrado la malattia, è la conseguenza naturale di questo principio.