BUENOS AIRES - L'identità si esprime attraverso il cibo. Questo è il senso del laboratorio di cucina tenutosi presso la pizzeria Nuvola della Città di Buenos Aires (Reconquista 479), organizzato dal Centro ricerche lucani nel mondo Nico Calice nell'ambito del progetto BasilicatË.

Sotto il nome “La tua ricetta. La tua storia”, l'iniziativa si inserisce in uno dei quattro ambiti del progetto, quello del cibo. La ricetta è stata selezionata attraverso un concorso in cui i partecipanti hanno proposto due preparazioni - una lucana e l'altra argentina - per analizzare come le ricette avessero subito adattamenti sia nel sapore che nei prodotti utilizzati per realizzarle, a seconda delle materie prime disponibili in ciascuna località.

La vincitrice, responsabile del workshop, è stata Filomena Di Gironimi. Insegnante per un giorno.

La donna, ora ottantenne, arrivò in Argentina nel 1949 da Pescopagano. Era il dopoguerra e i suoi genitori non potevano prendersi cura di lei, e così venne inviata in a Buenos Aires dove fu adottata da “una bellissima famiglia senza figli, che ho sempre amato moltissimo,” racconta Filomena.

Il piatto scelto sono stati gli struffoli, piccoli gnocchetti di pasta dolce, fritti e cosparsi di miele, talvolta decorati con confetti colorati per carnevale.

“Ho imparato a farli grazie a mia madre. È morta quando avevo vent'anni. Da allora ogni anno preparo questa ricetta in suo ricordo –racconta–. "Lei mi ha dato tutto."

La sala utilizzata per l'incontro, al primo piano della pizzeria Nuvola, viene solitamente utilizzata per i corsi di cucina della Scuola Pizzaioli.
I venti partecipanti sono stati accolti con grembiuli da cucina neri personalizzati con il nome della scuola e il logo del progetto BasilicatË, che hanno poi portato a casa. Gli ingredienti semplici per la preparazione, li aspettavano, già dosati, sui tavoli di granito del locale: un uovo, il burro e la farina. L'olio per la frittura e il miele da versare sui dolci una volta pronti, aspettavano sul bancone principale, da dove Filomena mostrava i diversi passi della ricetta.

“Per prima cosa bisogna mescolare la farina con lo zucchero”, spiega Filomena. Gli ingredienti secchi vanno disposti sul tavolo da lavoro a fontana per poi aggiungere l'uovo al centro e il burro. Infine si aggiunge poco a poco dell’acqua tiepida ad occhio. La quantità d’acqua dipenderà dall'assorbimento della farina utilizzata e dall'umidità dell'ambiente.

L'impasto risultante non deve essere granuloso, ma elastico. Una volta raggiunta la consistenza desiderata, si separa in piccoli panetti da allungare fino a formare delle strisce, che vengono poi tagliate con l'aiuto di una spatola o di un coltello (in un procedimento simile alla preparazione degli gnocchi).

Una partecipante del workshop dà forma all’impasto con l'aiuto di Filomena.

È poi arrivato il momento della frittura, di cui si è occupata Filomena. I gnocchetti vanno ripescati dall’olio bollente con una schiumarola quando diventano dorati. Il risultato può essere un impasto tenero o piuttosto croccante, a seconda dal tempo in cui rimangono in frittura (e della regione in cui viene realizzata la ricetta). «Poi, con un cucchiaio, aggiungete sopra il miele - mostra Filomena - quando sono freddi o quando sono ancora caldi", spiega.

Per questa lucana il cibo non è solo un modo per ricordare la madre adottiva. È stato anche il segno che il suo destino era cambiato quando è arrivata in Argentina.

“Da bambina, in Italia, vedevo le mie sorelle maggiori preparare il pane – racconta - Ma una volta pronto, lo tenevano sotto chiave”, ricorda. “Per questo sono rimasta sorpreso quando, arrivata in casa della mia famiglia adottiva, ho visto appeso in cucina il sacco del pane, a portata di mano. In quel momento ho capito che ero arrivata nella Grande America”.