ROMA – L’ex amministratore delegato di Aspi, Giovanni Castellucci, è stato condannato in via definitiva a sei anni per la strage del 28 luglio del 2013 quando un bus precipitò dal viadotto dell’Acqualonga nella zona di Monteforte Irpino, ad Avellino, causando la morte di 40 persone. Si tratta ancora oggi di uno dei più gravi incidenti stradali avvenuti in Italia.
Notificato l’ordine di carcerazione emesso dalla Procura Generale di Napoli, è stato annunciato dal suo difensore Filippo Donacci che Castellucci era pronto a costituirsi e che attendeva solo l’ordine. Ha deciso di costituirsi anche il proprietario del mezzo, ribadendo però la sua innocenza.
“Mi vado a costituire in carcere dove per questa vicenda entro per la seconda volta da innocente”, ha detto Gennaro Lametta, proprietario del bus e condannato in via definitiva.
“Questa volta però – ha aggiunto, difeso dagli avvocati Sergio Pisani e Leopoldo Perone –, ci vado con tutte le prove a mio favore per cui mi batterò fino alla fine per dimostrare la grave ingiustizia che sto subendo”.
Secondo Lametta e i suoi avvocati, infatti, il processo “ha dimostrato che l’autobus precipitò a causa di trenta anni di mancata manutenzione dei new jersey da parte di Autostrade” e che la causa del distacco della trasmissione “non fu una mia trascuratezza ma un sovraserraggio dei perni causato da un errore umano non certo mio, ma dei meccanici dell’officina autorizzata dove portai il bus prima del tragico incidente”.
I giudici della Cassazione, dopo oltre quattro ore di camera di consiglio, hanno dunque decretato la condanna definitiva a sei anni di carcere per l’ex ad di Aspi per la strage del bus. I legali di Castellucci, Donacci e Severino, hanno definito la sentenza “incomprensibile, sulla base delle prove fornite”.
I giudici della quarta sezione hanno quindi respinto le richieste della Procura generale che aveva sollecitato per l’ex ad, coinvolto a Genova anche nel processo per il crollo del ponte Morandi, un appello bis per la rivalutazione della condanna per l’omicidio colposo e assoluzione con la formula “perché il fatto non sussiste” per il disastro colposo.