Mi riferisco in particolare alle sconfitte di Napoli, Milan e Juventus che non incidono sulla fuga dei partenopei, al secondo ko stagionale, ma pesano nella corsa alla Zona Champions League. La Lazio si è affermata meritatamente al Maradona per la disposizione tattica, la chiusura di ogni spazio e la scelta vincente di Vecino al posto di Cataldi a centrocampo. In soldoni Sarri, indimenticato allenatore all’ombra del Vesuvio, ha vinto la partita a scacchi con Spalletti che non è riuscito a cambiare il canovaccio nonostante l’evidente affanno. Solitamente la capolista mette in difficoltà gli avversari con le manovre sulle fasce dove Kvaratskhelia da una parte e Lozano o Politano dall’altro creano superiorità numerica e mettono scompiglio nelle difese avversarie. Al resto pensa Osimhen con l’appoggio di Lobotka, Zielinski, Di Lorenzo e compagnia cantando. Stavolta la mossa, accompagnata da cadenze modeste, ha messo a rischio il fortino biancoceleste solo in un paio di occasioni, quasi una miseria rispetto alle palle-gol create negli impegni precedenti. L’affanno, dovuto alla ricerca del gol, ha poi lasciato troppa libertà a Milinkovic-Savic, interno vecchio stampo, e Vecino che ha segnato un gol e ne ha sfiorato un altro. Di queste considerazioni dovrà tenere conto Spalletti in vista delle prossime sfide di Champions League, a cominciare dal ritorno con l’Eintracht Francoforte che non va sottovalutato. Una cosa è certa. A meno di clamorosi intoppi l’avvicinamento allo scudetto non è stato messo in dubbio.
Se la capolista ha subito un contraccolpo veniale dopo 8 vittorie consecutive, il Milan ha compiuto un inaspettato passo indietro a Firenze dove ha subito una vera e propria lezione di gioco. Per capirci, bastano alcune cifre. Nel primo tempo la squadra viola ha calciato 8 volte verso la porta di Maignan che in 3 circostanze volte ha respinto le conclusioni degli avversari e in una s’è salvato grazie a Tomori. Clamoroso anche il numero degli angoli: 8-0 per i viola. Mai i campioni uscenti, che all’Atalanta non avevano concesso un solo tiro, avevano subito tanto in un tempo solo. Nella ripresa Gonzalez e Jovic hanno firmato il successo dei gigliati, appena ridimensionato dalla bordata di Hernandez all’ultimo secondo. C’è da capire perché la Fiorentina riesce a giocare grande calcio solo a sprazzi e perché il Milan, dopo 4 vittorie di fila, s’è nuovamente impantanato. Le assenze di Leao e Diaz non rappresentano un albi. E neanche la testa alla trasferta di Londra contro il Tottenham di Conte vale una giustificazione seria. Non c’è reparto che si sia salvato. All’improvviso il Milan è tornato all’inferno da cui deve uscire indenne per gestire a Londra il vantaggio dell’andata. E il fatto che il Tottenham, uscito dalla FA Cup, ha perso ancora in Premier League, non deve indurre a un particolare ottimismo. Ci vuole una squadra diversa, più reattiva mentalmente, più tonica sul piano atletico, più attenta nelle marcature, per fare festa a Londra.
A proposito di maghi in panchina. Mourinho è davvero un “number one” per come prepara le partite, sfrutta le qualità dei suoi uomini ed ha un feeling particolare con il fato. Ieri sera ha ridimensionato Allegri. In avanti la lasciato in panchina Abraham fino al 72’ per non dare punti di riferimento alla difesa bianconera, mentre in fase di non possesso ha chiesto una attenzione quasi ossessiva a tutti gli uomini, nessuno escluso. I conti sono tornati grazie alla rete di Mancini, autore di un diagonale potentissimo da fuori area. E pensare che il difensore doveva lasciare il campo in avvio per una leggera distorsione alla caviglia e nel finale ha rischiato l’autogol con una capocciata sul palo a destra di Rui Patricio. Nel mentre ila fortuna o la sfortuna (dipende dall’osservatorio) ha avuto la sua parte quando un colpo di testa di Rabiot e una punizione di Cuadrado hanno preso i legni di Rui Patricio, cui s’è aggiunto poi l’autopalo di Mancini. Si aspettava Dybala contro la sua squadra. Invece l’argentino, poco servito, si è posto al servizio di Mourinho svolgendo un lavoro oscuro che l’ha portato solo una volta al tiro. Allegri ha avuto il torto di lasciare Vlahovic solo in mezzo all’area giallorossa e di inserire Chiesa in ritardo. Poi è stato tradito da Kean che ha lasciato la squadra in 10 per un folle gesto di reazione a Mancini un minuto dopo essere stato spedito in campo. E così la Roma avanza in classifica mentre la Juve deve nuovamente interrogarsi suoi problemi societari e tecnici.