BOLOGNA - La procura generale di Bologna, nel processo in Corte d’Assise d’Appello contro i cinque familiari della diciottenne pakistana Saman Abbas, uccisa nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio 2021 a Novellara (Reggio Emilia), chiede l’ergastolo con un anno di isolamento diurno per tutti gli imputati: padre, madre, zio e i due cugini. Sostiene, dunque, la sussistenza dei reati di omicidio e soppressione di cadavere, con le aggravanti della premeditazione e dei motivi abietti e futili. 

Nel chiedere l’ergastolo per i genitori Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, lo zio Danish Hasnain e i cugini Nomanulhaq Nomanulhaq e Ikram Ijaz, Marzocchi ha chiesto ai giudici di restituire al fratello di Saman “la sua posizione di giovanissima vittima”. 

In pratica è stato chiesto ai giudici di non fare distinzioni tra le posizioni dei parenti della vittima, uniti nel pianificare ed eseguire il delitto che ha portato a uccidere e seppellire in un casolare vicino a casa la diciottenne pachistana, nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio 2021, ritrovata un anno e mezzo dopo due metri sottoterra. 

La Procura ha duramente criticato la decisione della Corte di assise di Reggio Emilia, che a dicembre 2023 ha condannato all’ergastolo solo i genitori Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, a 14 anni lo zio Danish Hasnain e assolto i cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq, senza riconoscere premeditazione e motivi abietti e futili. E in appello ha chiesto ai giudici di emettere un giudizio capace di ricollocare “ognuno dei protagonisti della vicenda nel ruolo che i fatti oggettivi gli assegnano”.  

Per quanto riguarda il fratello della vittima, che ha collaborato alle indagini, la Pg Marzocchi lo ha voluto riabilitare, sottolineando l’attendibilità del suo racconto.  

Al giovane, costituito parte civile, va restituita la posizione “di giovanissimo ragazzo a sua volta vittima degli eventi, traumatizzato e abbandonato a sé stesso, privo di responsabilità, anche processuali”.