Anthony Albanese entrerà oggi in Parlamento, alla ripresa dei lavori dopo la pausa invernale, con un Gabinetto di governo ridisegnato, soprattutto in alcune funzioni ministeriali chiave come quelle degli Interni e dell’Immigrazione, accentrate su una sola persona, Tony Burke, che si troverà di fronte mesi non facili.

Altrettanto impegnativi i giorni e i mesi che attendono il Tesoriere e lo stesso primo ministro, molto attivi la scorsa settimana nel cercare di respingere al mittente l’idea che le scelte economiche del governo possano mettere a rischio i risultati, finora tutto sommato positivi, della intensa ‘lotta’ contro l’inflazione intrapresa, a spese di una rilevante fascia di popolazione, dalla Reserve Bank.

Il rimpasto di governo è stato, almeno fino a questo momento, raccontato in maniera tranquillizzante, tale cioè da non dare troppo adito alle critiche mosse soprattutto nei confronti dei ministri che hanno perso i dicasteri più rilevanti. Albanese è convinto di avere accanto a sé gli uomini e le donne adatti per affrontare il percorso che li porterà a una campagna elettorale  dove spendersi, insieme, per conquistare l’ambito secondo mandato. 

Stabilità e fiducia nella linea seguita dai laburisti, questo sembra essere il messaggio che arriva dal primo ministro. Niente elezioni anticipate, non sembra ci sia fretta, evidentemente, di chiedere ai cittadini se siano soddisfatti di quanto fatto in questi tre anni oppure se vogliano vedere tornare al governo del Paese la Coalizione guidata da Peter Dutton. 

Ma, nonostante lo spirito di solidità che si vuole, anche giustamente, trasmettere, i ‘compiti da fare’ prima della prossima tornata elettorale sono ancora molti e tutti decisamente di primo piano.
Da portare a termine, nella maniera più decisa possibile, la vicenda CFMEU, che resiste al commissariamento e che, quindi, ha bisogno di un intervento legislativo. Il nuovo ministro per le Relazioni industriali, Murray Watt, ha già sottolineato l’intenzione di presentare una legge ad hoc.
C’è anche tutto il settore dell’assistenza, con il costo dell’NDIS che è andato alle stelle e che richiede una serie di modifiche che possano riportare il programma al suo originale obiettivo, evitando il proliferare di dinamiche al limite della legalità, a discapito di chi di quei servizi ha vitale bisogno.

Di stretta attualità anche la proposta riforma della Reserve Bank, in attuazione delle raccomandazioni presentate dalla recente revisione, ma il Tesoriere non è ancora riuscito a trovare un accordo bipartisan. L’obiettivo principale è istituire due consigli distinti e separati per competenze, uno che si occupi di politica monetaria e l’altro più a carattere amministrativo gestionale. Anche questa sarà una sfida importante per il Tesoriere, cercando di non pestare i piedi a nessuno e soprattutto di salvaguardare il principio cardine di autonomia e indipendenza della Reserve Bank.

Di più ampio respiro l’impegno che coinvolge il governo in questa ultima parte del mandato quando si tratta di costo della vita, di politiche ambientali e climatiche, di mercato e concorrenza, ma soprattutto, per l’inevitabile impatto che potrebbe avere in termini di consenso e di opinione, del tema della sicurezza nazionale e dell’ordine pubblico.
L’innalzamento del livello di minaccia terroristica, previsto anche in seguito alle tensioni legate agli attacchi terroristici di Hamas contro Israele ha riacceso i riflettori e riattivato paure e preoccupazioni per situazioni che si sperava e si spera sempre di non dovere mai vivere. Qui siamo ben oltre la preoccupante recrudescenza di certi fenomeni di microcriminalità giovanile che stanno interessando alcune aree delle nostre metropoli: quando interviene l’intelligence, quando si torna a usare, pur con la dovuta cautela, la parola terrorismo, evidentemente la soglia di attenzione dei responsabili dei servizi segreti e dell’ordine pubblico, federale e locale, ha cambiato passo.

Ieri mattina è stato proprio il capo dei servizi segreti, Mike Burgess, a sottolineare alcune evidenze, che superano le più cupe preoccupazioni: “Ci sono almeno tre o quattro Paesi che abbiamo scoperto essere attivamente coinvolti in interferenze straniere in Australia e nelle comunità della [propria] diaspora, e alcuni di loro sono sorprendenti, alcuni di loro sono anche [Paesi] amici”. L’unico Paese citato è stato l’Iran, e ne è stato fatto il nome esclusivamente perché ne aveva già parlato l’ormai ex ministro dell’Interno Claire O’Neil che all’inizio dell’anno aveva reso nota un’attività di intelligence andata a buon fine, con l’ASIO che aveva individuato e bloccato l’iniziativa di alcune persone che stavano spiando l’abitazione di un cittadino iraniano-australiano. 

Burgess ha anche ribadito da cosa sia nata la necessità di ritoccare, a un grado superiore, il livello di minaccia terroristica: il crescente aumento di alcune forme di radicalizzazione legate a “una vasta gamma di ideologie”, con un “numero sempre maggiore di persone che credono che la violenza sia la risposta”.
Con i giovani a essere la fascia più vulnerabile, il capo dell’intelligence, rivolge un appello a tutta la società, nessuno escluso, dalla politica, alle famiglie, alle comunità, e agli organi di informazione. Titoli meno aggressivi, dice Burgess, per evitare di accendere la miccia e alimentare certe istanze violente che covano in alcuni strati sociali.
Ognuno faccia la propria parte, quindi, tenendo presente, come ha evidenziato anche lo stesso capo dei servizi segreti, che “internet è il più grande incubatore di estremismo violento e i social media sono il più grande acceleratore di estremismo violento”. 

E questa sembra proprio essere una riflessione da non sottovalutare, poiché, pur nella complessità di un sistema basato su grandi organizzazioni internazionali, evidentemente è giunta l’ora di attivarsi per regolamentazioni molto più efficaci.