CARNAGO - Il primo pensiero è andato, come era giusto che fosse, a Papa Francesco (“Una persona che era il massimo della Chiesa Cattolica. Era un uomo straordinario. Con le sue parole e il suo sguardo ci mancherà”), dopo però Conceicao è tornato a essere l’allenatore del Milan, arrivato alla vigilia di quella che è diventata la partita più importante della stagione.

Più importante ancora potrebbe esserlo solo la finale di Coppa Italia, ma per arrivarci servirà battere l’Inter, obbligo di chi ha gettato al vento un’intera annata e che adesso si trova con l’acqua alla gola, disperazione di chi sa di essere arrivato all’ultima occasione prima di dichiarare il fallimento totale: “I grandi club cercano di arrivare in fondo in tutte le competizioni, noi abbiamo questa - ha detto Conceicao nella conferenza della vigilia -. Complimenti all’Inter per il suo percorso in Champions e in campionato. Per noi è una partita fondamentale, vogliamo vincere e regalare ai tifosi questo titolo. Dobbiamo fare una grandissima partita, essere molto competitivi. Ogni partita è diversa dall’altra, è la quarta volta che affronto l’Inter quest’anno, ogni gara ha una vita propria e questa dipende da quello che facciamo noi”.

“La partita di domani è la più importante, i giocatori ne sono coscienti. Motivazione ulteriore nel rovinare il Triplete all’Inter? No, la motivazione non viene dall’avversario ma dal nostro lavoro giorno dopo giorno, viene dal lavoro di oggi, su che cosa dobbiamo fare per creare difficoltà al nostro avversario. Altre cose non entrano in spogliatoio. La partita più importante per noi è domani, una partita importantissima per tutti: giocatori, chi lavora al Milan, per i tifosi. Una stagione positiva per il Milan sarebbe vincere lo Scudetto, andare in fondo in Champions League. Per un club storico come il Milan deve essere normale arrivare in finale di Coppa Italia”, ha aggiunto Sergio Conceiçao.

Parole che rischiano di rivelarsi sterili come lo sono state molte delle precedenti, alla continua ricerca di una chiave per capire come far girare la squadra, salvo poi constatare che sul campo la resa è tutt’altra.

A confermarlo lo stesso allenatore, che ha passato la scorsa settimana in un modo e poi domenica sera a San Siro si è trovato davanti una situazione diversa.

“Prima di Udine avevo belle sensazioni e lo avevo detto, ma le ho avute anche prima dell’Atalanta. Poi non le abbiamo ripetute in partita. È stata una gara equilibrata, poi all’intervallo ci siamo riaggiustati e l’Atalanta non ha passato la metà campo per i primi 15 minuti. C’è stato un errore collettivo sul gol, di solito chi entra dà qualcosa in più alla squadra e nell’occasione non è stato così. Ora però è il passato, la partita di domani è la più importante e la squadra è consapevole di questo”.

Ecco perché è legittimo avere qualche dubbio quando spiega quale Milan aspettarsi (“Il migliore. Sarà sicuramente un Milan molto competitivo e con una fiducia grande. Abbiamo molta ambizione e motivazione”), di fronte a un’Inter che non crede stanca dopo i molti impegni ravvicinati (“Loro sono in tante competizioni ma sono abituati, come anche noi. Oggi come oggi il recupero dei giocatori è fatto velocemente. Ho visto la partita con il Bologna, hanno una rosa ampia e la qualità c’è sempre”), e che andrà affrontata con le idee ben chiare.

“Dobbiamo sfruttare i loro punti deboli e stare attenti ai loro punti di forza - ha spiegato l’allenatore portoghese -. Squadra che ha tanta dinamica e ricchezza con la palla ma anche noi abbiamo fatto cose fantastiche nella nostra dinamica offensiva. Difensivamente non siamo stati bravi in alcune cose e bisogna partire dalle fondamenta”.

Quelle dalle quali dovrà ripartire anche il club, visto il disastro di questa stagione. La ricerca del ds va avanti, tra colloqui, telefonate e surreali “le faremo sapere”.

Intanto il tempo passa e tutto resta fermo. Un problema che tra qualche settimana non interesserà più Conceicao, ma chissà che prima di andare via non si tolga qualche sassolino: “Del mio percorso ne parlerò a fine stagione. Su tutto quello che sono stati i sei mesi di lavoro, su quello che abbiamo fatto bene e meno bene”.

La Coppa Italia diventa la scialuppa cui aggrapparsi per evitare il naufragio, perché la nave imbarca acqua da un pezzo ed è a un passo dall’affondare. Si salvi chi può.