TOKYO - Il caso del 30enne Takahiro Shiraishi, residente nella cittadina di Zama, a sud di Tokyo, aveva sconvolto l’opinione pubblica e posto seri interrogativi da parte delle autorità governative e i servizi sociali sulla necessità di aumentare l’assistenza alle persone più fragili in cerca di aiuto.
In base ai fatti accertati dalla Procura, tra agosto e ottobre del 2017 il killer seriale ha strangolato otto donne, dopo aver abusato di loro, e un uomo, smembrando successivamente i loro cadaveri. Tutte le vittime avevano tra i 15 e il 26 anni.
Uno dei punti emersi durante il processo, come riferiscono i media nipponici, era la presenza o meno del consenso degli individui - perlopiù giovani donne che si rivolgevano a Shiraishi tramite lo scambio di messaggi via Twitter. Nell’emanare la sentenza il giudice Yano Naokuni ha definito i crimini commessi da Shirahishi “di una ferocia estrema”, aggiungendo che il caso dimostra quanto i social media siano diventati parte integrante della società. L’accusa ha inoltre smontato la tesi della difesa secondo cui l’imputato era incapace di intendere e di volere all’atto della violenza.
Cinque mesi di perizie psichiatriche prima della sua incriminazione nel settembre del 2018, in base all’accertamento processuale, lo hanno dichiarato pienamente responsabile. Shiraishi aveva detto che in caso di pena capitale non avrebbe fatto ricorso.