È l’amministratore delegato di Tether, la criptovaluta più utilizzata al mondo insieme a Bitcoin, ma non si tratta di una criptovaluta qualsiasi, bensì di una stablecoin.

Queste sono monete digitali il cui valore non varia, se non con oscillazioni giornaliere di frazioni di centesimo, in quanto ancorato (tethered appunto) al valore della moneta di riferimento, in questo caso il dollaro americano. Tether nasce col nome Realcoin nel 2014, gli ideatori capirono che, nonostante Bitcoin fosse la critpovaluta perfetta, non si poteva pretendere che venisse compresa dalla massa da un giorno all’altro. Questo è un fenomeno comune a ogni innovazione, basti pensare ad esempio che ci sono voluti oltre vent’anni affinché le persone si fidassero pienamente delle carte di credito. Ecco quindi che l’idea di una moneta con il valore legato al dollaro americano, la valuta più popolare e richiesta al mondo, avrebbe reso l’ingresso nel settore più facile. Il successo fu immediato e, nel corso degli anni, molte altre aziende hanno seguito l’esempio, creando monete digitali legate a qualsiasi moneta fiat in circolazione.

Al giorno d’oggi le stablecoin sono fondamentali: permettono agli utenti di detenere capitale in criptovaluta senza la volatilità tipica di Bitcoin e delle altre crypto, facilitano il trading e rendono le transazioni tra piattaforme più rapide, evitando continue e costose conversioni in valuta fiat. Nello specifico, chi acquista USDT (acronimo di US Dollar Tether) ha la garanzia che Tether sarà sempre in grado, in qualsiasi momento, di scambiare la valuta digitale con la valuta fiat originaria.

Questo rappresenta un netto contrasto rispetto al sistema bancario tradizionale, visto che qualsiasi banca, a causa della riserva frazionaria, arriverebbe al collasso se più del 35% dei clienti prelevasse i propri fondi contemporaneamente; Tether invece dispone di oltre il 104% delle proprie riserve, garantendo una stabilità finanziaria che definire solida sarebbe un eufemismo. Oggi la società conta circa 400 milioni di utenti al mondo, con una presenza particolarmente forte nei mercati emergenti, dove le persone non cercano speculazione, ma una semplice protezione dall’inflazione delle deboli (altro eufemismo) valute locali. Nel 2022, durante il periodo più difficile del mercato ribassista delle criptovalute, Tether è stata sottoposta a uno stress test non indifferente e gli utenti, nel giro di meno di un mese, hanno riscattato ben 20 miliardi di dollari, pari a circa il 30% delle riserve, eppure l’azienda ha dimostrato di poter assorbire l’impatto senza problemi.

A inizio anno Ardoino si è addirittura potuto permettere di ritirare Tether dal mercato europeo in aperta contestazione con le nuove regolamentazioni entrate in vigore a gennaio (il MiCA, di cui abbiamo parlato tempo addietro). Per continuare ad operare in Europa Tether avrebbe infatti dovuto detenere almeno il 60% delle sue riserve in depositi bancari anziché nei più sicuri titoli al portatore, come avviene negli Stati Uniti.

Una regolamentazione vista troppo oppressiva e un vero e proprio favore al sistema bancario europeo, il quale si sarebbe visto inondare di miliardi di dollari da poter successivamente reinvestire a piacimento.

Ci troviamo quindi di fronte ad una sorta di mondo al contrario, in cui è la moneta digitale a non volersi sporcare le mani con il denaro fiat, dimostrazione di come l’industria sia davvero maturata. Ardoino è però recentemente balzato agli onori delle cronache per una vicenda che esula dal mondo delle criptovalute e nella prossima uscita vi racconteremo nel dettaglio di cosa si tratta.

Questo articolo contiene opinioni personali dell’autore che non devono costituire la base per prendere decisioni di investimento. Ricordiamo che l’intento di questa rubrica non è quello di dare consigli finanziari, ma semplicemente analizzare il mondo delle criptovalute per renderlo accessibile a tutti.