CROTONE - Regione Calabria ha deciso di ritirare la richiesta di costituzione di parte civile che aveva avanzato all’udienza preliminare del processo che si sta celebrando davanti al Tribunale crotonese sul naufragio di un barcone dalla Libia avvenuto al largo di Cutro, nel febbraio 2023. Il procedimento è nei confronti di sei persone: quattro militari della Guardia di Finanza e due della Guardia Costiera, accusati di naufragio colposo e omicidio colposo plurimo per i ritardi che si sarebbero verificati nei soccorsi ai migranti.
“Un inchino politico e morale al potere centrale, un tradimento istituzionale nei confronti delle 94 vittime del naufragio”, afferma la Rete 26 febbraio, il coordinamento di associazioni e movimenti costituito nel capoluogo calabrese all’indomani della tragedia. Dopo aver “annunciato in pompa magna” di volersi costituire parte civile, scrive la Rete in una nota “il clamoroso passo indietro”, che la Regione avrebbe così motivato: “Non sapevamo che gli imputati fossero sei militari italiani”. Per il coordinamento si tratta di una “grottesca ammissione di ignoranza” che in realtà nasconderebbe altro, ossia che “invece di ammettere di essere stati presi per le orecchie da qualche ministro o sottosegretario, la Regione preferisce la figuraccia: passare per ignorante e maldestra, oltre che giuridicamente incompetente”.
La Rete sottolinea che i processi ai cosiddetti “scafisti” per i fatti di Cutro si sono conclusi tra il 2024 e l’inizio del 2025, e la stessa Regione era parte civile in quelle cause, ottenendo anche risarcimenti. “Eppure oggi, con gli imputati in divisa, cambia tutto. Perché? Semplice: i sindacati delle forze dell’ordine hanno protestato, e da Roma è arrivato il diktat”, accusa il coordinamento.
A confermare l’intervento diretto di Matteo Salvini sarebbe stato lo stesso sindacato USIM (Unione Sindacale Italiana Marina), che ha esultato per il ritiro della Regione, definendolo un risultato “ottenuto grazie all’intervento del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti”.
Questa dichiarazione dimostrerebbe, secondo la Rete, come “Occhiuto sia nelle mani di Salvini e non possa agire in autonomia”, e la scelta del ritiro è vista come “un atto di sudditanza politica che getta una luce sinistra sulle scelte del centrodestra in Calabria: forte con i deboli e pavido con i potenti”.