MELBOURNE - La pensione può attendere. A smettere Novak Djokovic non ci pensa anche se il padre “da un pò di tempo sta cercando di mandarmi in pensione. Ma senza essere invadente. Rispetta la mia decisione di continuare. E ovviamente capisce perché non voglio fermarmi, ma è come se dicesse: ‘Cos’altro vuoi dimostrare?’ - racconta Nole in un’intervista a GQ Italia - Conosce bene la quantità e l’intensità di pressione e tensione presenti nell’ambiente. Senza contare lo stress che si ripercuote sulla salute, sul mio corpo e, di conseguenza, su tutti quelli che mi circondano, compreso lui. Ecco perché mi ha consigliato: “Figlio mio, inizia a pensare a un modo per porre fine a questa storia”.  Ma io penso più al come che al quando. Sul quando, non ci penso ancora così intensamente. Immagino che se dovessi iniziare a perdere troppe volte, ad avvertire un divario sempre maggiore con gli avversari e ad avere più difficoltà a superare i veri ostacoli nei tornei di Slam, allora probabilmente la farei finita. Al momento, però, sto bene e continuo ad andare avanti. Molte persone mi hanno detto di ritenere che sia meglio lasciare quando si è al culmine ma se sono ancora fisicamente in grado di competere e sento di poter battere i migliori giocatori del mondo negli Slam, perché dovrei smettere ora?”.

Quando appenderà la racchetta al chiodo, di sicuro non si darà alla politica. “Molte persone ritengono che dovrei candidarmi alla presidenza della Serbia. Al momento, non sono interessato perché credo che la scena politica nella nostra regione non sia buona. Non voglio usare parole più dure, ma non vedo come potrei essere utile e dare al mio Paese ciò che merita senza essere, come posso dire, manipolato”.

Meglio pensare al tennis anche se i giovani, Alcaraz e Sinner, stanno cercando di farsi spazio. “La gente sostiene che i miei record non saranno mai superati. Io ne dubito. Voglio dire, Carlos potrebbe essere già il prossimo. Anche Jannik. Se si prendono cura del proprio fisico, seguono uno stile di vita corretto, si concentrano sulla longevità e lavorano sul lungo termine, allora possono farcela”.

C’è spazio anche per parlare della rivalità con Federer e Nadal. “Il più intimidatorio? Rafa. Era lui, di sicuro. Anche Roger aveva un’aura enorme e ne avvertivi il peso prima di affrontarlo. Ma si comportava con più grazia, sai? Ma la rivalità che c’era tra noi tre credo sia eterna. È qualcosa che ha lasciato un segno e un’eredità incredibile nel mio sport. Un’impronta destinata a durare”.

“Sono molto orgoglioso e felice di avere fatto parte di quel gruppo - confessa Djokovic - Sono stati parte integrante del mio successo e della strada che ho fatto in campo. Le battaglie contro di loro mi hanno fortificato come nessun’altra cosa in carriera. Questo per quanto riguarda il tennis. Sul piano personale, a dire il vero, la situazione è altalenante - aggiunge - Cerco di essere rispettoso e amichevole con loro fuori dal campo, anche se all’inizio non sono stato accettato, perché entravo in campo troppo sicuro di vincere. Un atteggiamento che non è piaciuto a entrambi nei primi tempi, soprattutto perché la maggior parte dei giocatori li affrontava senza la stessa convinzione. A causa di ciò, probabilmente, si sono allontanati ancora di più da me. E va bene così. L’ho accettato. Ho capito il messaggio: siamo rivali e nient’altro. In tutta onestà, è molto difficile essere amici nel giro. Se sei un grande rivale in continua competizione e sei il numero uno, due e tre del mondo, è difficile aspettarsi di essere vicini, andare insieme a cena o in gita con le famiglie”.