WASHINGTON – Ora anche Donald Trump può esibire il suo scalpo jihadista e dare nuovo impulso alla campagna per le presidenziali, recentemente oscurata dal tradimento dei curdi e dagli intrighi del Russiagate. 
La rielezione di Barack Obama al secondo mandato presidenziale era stata favorita dall’uccisione di Osama Bin Laden, fondatore di al-Qaida e responsabile degli attacchi dell’11 settembre. 
Donald Trump, con l’uccisione di Abu Bakr al-Baghdadi, fondatore dell’Isis, conta di ottenere lo stesso risultato. “Bin Laden è stato un obiettivo importante – ha dichiarato Trump in conferenza stampa –, ma credo che al-Baghdadi lo sia ancora di più”. Il presidente americano ha poi ringraziato la Russia, la Turchia, l’Iraq, la Siria e i curdi siriani, specificando che gli americani hanno usato le basi russe in Siria e la sorveglianza russa dei cieli siriani.
Trump aveva bisogno di un successo per risollevare la sua immagine e Recep Tayyip Erdoğan lo ha aiutato consegnandoli al-Baghdadi, che si era rifugiato nell’area di Idlib, ai confini con la Turchia. Del resto, sia Trump che Erdoğan, avevano bisogno di riconquistare il proprio elettorato e quanto accaduto negli ultimi 20 giorni consegna a entrambi una vittoria sul fronte interno. Erdoğan ha eliminato la minaccia curda, argomento di grande presa in Turchia, garantendosi un ritorno in termine di immagine e voti. Una boccata d’ossigeno per il Partito del presidente, dato ai minimi storici dopo le sconfitte di Ankara e Istanbul. Per completare il proprio successo personale, Erdoğan si appresta a portare a termine il ricollocamento di due milioni di siriani nella zona cuscinetto al confine con la Siria.  Un progetto enorme, rispetto al quale Trump ha dato il via libera con il graduale ritiro delle truppe Usa dalla Siria. Un disimpegno che consente al presidente americano di porre fine a una di quelle “guerre interminabili”, in cui gli Stati Uniti sono impantanati da anni e che così “smetterà finalmente di pesare sui contribuenti americani”, per citare lo stesso Trump. 
Intanto, malgrado i ringraziamenti ricevuti da Trump, la Russia ha espresso dubbi sulla veridicità dell’operazione americana e della morte di al-Baghdadi. Il portavoce del ministero della Difesa russo, Igor Konashenkov, ha detto di non avere “informazioni attendibili sull’operazione condotta dall’esercito americano nella zona controllata dalla Turchia”. 
Konashenkov ha ricordato che “sulla zona di de-escalation di Idlib non sono stati effettuati attacchi aerei degli Stati Uniti o della coalizione internazionale da loro guidata”. Il portavoce ha aggiunto che la presenza di al-Baghdadi nella zona di Idlib va dimostrata con “prove dirette” da parte degli Stati Uniti e di altri partecipanti alla missione. Comunque stiano le cose, è importante ricordare che al-Baghdadi era ben noto agli Stati Uniti. Nel 2004 era infatti stato catturato dagli americani nella città irachena di Falluja e trasferito nella prigione di Camp Bucca, nel sud dell’Iraq.
Al-Baghdadi era stato rilasciato nel dicembre dello stesso anno in seguito all’indicazione di una commissione d’inchiesta americana che ne aveva raccomandato il “rilascio incondizionato”, qualificandolo come un “prigioniero di basso livello”.